Testimonianza. Io, medico di neonati, vi racconto cosa vuol dire nascere in Afghanistan
La mamma afghana coi suoi due gemellini salvati nell'ospedale di Emergency nel Panshir
Sono un medico di neonati, lavoro alla Mangiagalli di Milano, il più grande punto nascita Italiano. Nel 2007 ho ricevuto l'onore, da Gino Strada, di potermi occupare del reparto di Neonatologia della Ong Emergency nella valle di montagna del Panshir, in Afghanistan. L'ospedale era sempre stato un centro di chirurgia di guerra, ma il fronte si era spostato altrove e la struttura da allora è stata convertita in un luogo in cui si combattono altre battaglie di salute. Tra esse, vi è la cura dei neonati e in particolare dei neonati prematuri. Protagoniste, massimamente donne: madri, infermiere, ostetriche ginecologhe e signore delle pulizie. Pochissimi maschi hanno il permesso di entrare nella maternità. In un Paese dove si tenta di cancellare le donne, questo luogo di cura è un simbolo potente di riscatto sociale e professionale femminile
Nei primi 10 mesi del 2024, qui, sono nati 6.053 neonati di cui 741 prematuri. Nessun ospedale italiano gestitsce un così alto numero di parti. Prematuri sono bimbi nati prima della trentasettesima settimana di età gestazionale, Ai più gravi prematuri offriamo una amorevole assistenza di cure palliative, mentre per i nati sopra i 1.000 grammi il livello di assistenza è massimale e i risultati in termini di sopravvivenza e qualità di vita migliorano di anno in anno. I pediatri neonatologi afghani del nostro ospedale sono 23 e le infermiere dedicate ai neonati sono oltre 50. L’investimento, la fiducia nelle risorse umane afghane e la loro formazione è sempre stata considerata più importante della tecnologia e dei farmaci che pur cerchiamo di migliorare di anno in anno, nonostante il Paese sia stato dimenticato anche dai grandi donatori istituzionali.
Stamane dalla sempre piena stanza di Kangaroo mother care abbiamo dimesso i 2 gemelli, Janshida e Raullah, nati a 28 settimane e che sono stati ricoverati per 25 giorni. Alla nascita pesavano 1.300 e 1.310 grammi. Qui, la grande maggioranza dei gemelli, a differenza che in Italia, nasce da parto vaginale, grazie ad una grande cultura ostetrica, sviluppatasi negli anni. In un sistema sanitario molto fragile, l'utero di donne che generalmente fanno molti parti nella loro vita, va "protetto" da un taglio cesareo, a meno che non sia assolutamente necessario. Alla nascita entrambi si sono adattati piuttosto bene alla vita fuori dalla pancia della mamma. Solo il “grande” in sala parto ha necessitato di un breve periodo di ventilazione con la maschera ed il pallone. Sono stati rapidamente trasferiti in terapia intensiva neonatale, senza perdere calore. Hanno sviluppato difficoltà respiratoria e precocemente iniziato una assistenza respiratoria con Cpap nasali. Abbiamo 10 macchine di questo tipo e purtroppo siamo l’unico reparto gratuito del Paese ad averle e a saper fare una corretta manutenzione, grazie ai nostri tecnici biomedicali afghani.
Il team di medici, ostetriche e infermiere dell'ospedale di Emergency nel Panshir - Emergency
I dottori e le infermiere hanno posizionato ad entrambi un catetere nelle vene ombelicali ed il loro posizionamento è stato controllato con la macchina xray portatile. Questo catetere è molto importante nei primi giorni di vita; ci permette di fare prelievi di sangue e dare nutrimento e medicine endovena. La madre ha iniziato la spremitura del seno e gradualmente i nostri gemellini hanno iniziato ad essere nutriti con quantità crescenti di latte materno spremuto, somministrato attraverso un sondino orogastrico. Un gemello ha sviluppato ittero in terza giornata di vita, risoltosi dopo 3 giorni di fototerapia. In settima giornata di vita 1 gemello ha potuto rimuovere il catetere ombelicale, l’altro, che tollerava meno bene il latte materno, ha rimosso il catetere in 10 giornata. Nel frattempo la difficoltà respiratoria di entrambi migliorava e progressivamente sono stati ridotti i parametri della Cpap: pian piano respiravano sempre meglio da soli. Dallo scorso maggio, abbiamo introdotto in reparto una polvere che fortifica il latte materno. Cio’ permette una crescita migliore, riducendo i tempi di ricovero ospedaliero. A 12 giorni di vita entrambi i neonati erano sufficientemente stabili e non necessitavano più di terapie endovena. Insieme alla mamma sono stati trasferiti nella stanza delle madri canguro, dove i neonati prematuri passano gran parte del tempo avvolti in un lenzuolo a contatto con il petto della madre. Questo metodo previene la ipotermia, è ideale per la igiene dei neonati e garantisce tanti piccoli pasti frequenti, permettendo ai piccoli neonati di imparare piano piano ad attaccarsi al seno materno. Stamane entrambi hanno superato il peso di 1.700 grammi, il minimo consentito nei nostri protocolli per essere dimessi, se in buone condizioni.
Non sempre le cose vano così bene. In questi primi 10 mesi del 2024, 53 neonati prematuri sono morti in ospedale, 688 sono stati dimessi; tutti loro e le loro madri sono stati curati con competenza, rispetto e gentilezza dal nostro staff afghano. La madre di questi gemelli, non solo era felice di andare a casa, ma ci ha detto di essere anche tranquilla perché ha imparato come gestire i suoi piccoli. Sicuramente tornerà ai controlli post dimissione, anche se vive in un villaggio di montagna a 2 ore da qui. Inoltre consiglierà alle altre donne del villaggio di venire qui a partorire in sicurezza, in caso di una gravidanza complicata. Un ospedale pulito, cure gratuite, personale gentile con le pazienti, ed una leadership femminile nella cura delle donne sono i cardini del nostro lavoro. Abbiamo chiesto alla madre di poter fare una foto a lei e ai sui bambini. Era così orgogliosa che è riuscita a convincere il marito, reticente, a dare il consenso scritto alla pubblicazione della foto. Questa decisione spetta solo al maschio; siamo pur sempre in Afghanistan, c’è ancora molto da fare. Se volete aiutarci concretamente, potete andare sul sito di Emergency e fare una donazione. La causale? “Prematurità in Afghanistan”.