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La crisi. Nagorno-Karabakh, migliaia di civili lasciano l’enclave. Si tratta la resa

Nello Scavo, inviato a Erevan giovedì 21 settembre 2023

Sarebbe salito a 200 il bilancio delle vittime dell'operazione militare azera nel Nagorno-Karabakh. I feriti sarebbero 400. Tra i morti vi sarebbero anche una decina di civili tra cui 5 bambini. Con questi numeri una delegazione dell’Artsakh, il nome armeno dell’enclave, si è presentata nella città azera di Yevlakh, per i colloqui con Baku. Mentre migliaia di persone stanno abbandonando le proprie case.

Diversi colpi di arma da fuoco si sono uditi a Stepanakert, la capitale dei separatisti armeni del Nagorno Karabakh, proprio mentre sono in corso nella città azera di Yevlakh i negoziati tra gli armeni e rappresentanti delle autorità dell'Azerbaigian. Secondo un corrispondente dell'Afp sul posto, gli spari, la cui origine non è stata identificata, sono stati uditi a Stepanakert intorno alle 12:15 ora locale

Le autorità di Stepanakert, capitale dell'autoproclamata Repubblica dell'Artsakh, hanno dichiarato di aver accettato il cessate il fuoco proposto dal contingente russo di mantenimento della pace nella regione. I termini includono lo “scioglimento e il completo disarmo” delle forze armate del Nagorno-Karabakh. A Erevan non si placano i malumori e anche per oggi, dopo quelle delle scorse due notti, sono attese proteste in quello che è il giorno dell'Indipendenza dall'Unione sovietica.

Il cessate il fuoco dopo 24 ore di combattimenti che hanno messo fuori gioco i separatisti dell’Artsakh sta reggendo nonostante scambi di accuse tra Armenia e Azebaigian. Erevan ha sostenuto che sul confine tra i due Paesi, dunque fuori dall’enclave nel Nagorno, forze azere hanno esploso raffiche da armi leggere in direzione di un posto di controllo armeno, senza provocare danni né vittime.

La delegazione della minoranza etnica armena dovrà negoziare con Baku da una posizione di sostanziale sconfitta. Ogni rivendicazione autonomista è destinata oramai a infrangersi, salvo concessioni che verranno offerte sotto lo stretto controllo dell’esercito azero. I militari di Baku si stanno inoltrando tra i villaggi montuosi dove vivono 120mila cristiani armeni e al momento non incontrano resistenza. Fonti armene dal Nagorno confermano che alcuni gruppi di separatisti irriducibili intendono però riorganizzarsi in piccole formazioni partigiane, ma le armi scarseggiano e non è detto che Erevan al momento intenda segretamente alimentare una reazione della minoranza etnica. Ieri un agguato è stato teso contro una squadra di soldati della forza di pace russa: 5 i morti secondo le agenzie di stampa moscovite. I 2mila “peacekeeper” russi sono accusati di avere in realtà lasciato campo libero agli azeri che hanno ripreso il pieno controllo della regione.

Verificare le informazioni in modo indipendente non sempre è possibile. Il Nagorno non è facilmente accessibile e i militari azeri non lasciano entrare nessuno che non sia autorizzato da Baku. Al contrario, viene facilitata l’uscita dei civili. Migliaia di profughi stanno abbandonando le proprie case, percorrendo a piedi i sentieri che dai monti discendono verso l’Armenia. Il timore delle organizzazioni umanitarie internazionali è che queste persone non metteranno mai più piede nelle loro case, completando il progetto di pieno rientro del Nagorno sotto il controllo, anche etnico, dell’Azerbaigian attraverso il progressivo allontanamento dei 120mila armeni rimasti. Nelle prime ore di scontri i militari russi avevano scortato 2 mila persone oltre la linea del fuoco, ma questa mattina vengono segnalate almeno 5 mila appartenenti alla minoranza armena che dopo essere rimasti chiusi negli scantinati, ora sono in uscita dal Nagorno-Karabakh.