La risoluzione. L'Onu condanna il Myanmar: violati i diritti dei Rohingya
Il campo profughi di Cox's Bazar che ospita decine di migliaia di Rohingya in Bangladesh
L'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione di condanna per abusi dei diritti
umani - arresti arbitrari, torture, violenze - ai danni degli islamici Rohingya e di altre minoranze in Myanmar. La risoluzione è stata adottata con 134 voti a favore su 193 Paesi rappresentati, nove contrari e 28 astenuti. Al governo del Myanmar si chiedono misure urgenti per contrastare qualsiasi forma di incitamento all'odio contro le minoranze.
Nel 2017 migliaia di persone della minoranza musulmana dei Rohingya sono morte e più di 700mila sono fuggite nel vicino Bangladesh per sfuggire alla violenta operazione di sgombero nello Stato di Rakhine per mano dell'esercito del Myanmar. L'ambasciatore all'Onu del Myanmar, Hau Do Suan, ha definito la risoluzione "un altro classico esempio di doppio standard e applicazione selettiva e discriminatoria
delle norme sui diritti umani".
La risoluzione si preoccupa anche delle minoranze etniche presenti in altri stati della ex Birmania: oltre a Rakhine, dove vivono i Rohingya, ma anche Kachin e Shan. Il Myanmar non considera i Rohingya una minoranza autoctona e nega loro anche il nome, ma li ritiene dei "migranti illegali", entrati dal vicino Bangladesh. Paese dove oggi in campi profughi vivono circa 700.000 di loro, costretti a lasciare la Birmania negli ultimi tre anni, incalzati da una campagna militare che l'Onu ha condannato come "pulizia etnica".
La Corte penale internazionale dell'Aja dell'Onu, su denuncia del Gambia, ha istruito un'inchiesta per "genocidio" nei confronti dell'ex Birmania: accuse alle quali all'Aja ha di recente risposto, negandole, la leader 'de factò birmana, Aung San Suu Kyi, ex pasionaria dei diritti civili ed ex Nobel per la Pace, alla quale la comunità internazionale rimprovera un colpevole silenzio nei confronti delle azioni di militari del suo Paese contro la minoranza musulmana.
Le risoluzioni dell'Assemblea generale Onu non sono vincolanti, ma riflettono generalmente l'opinione diffusa nel mondo. L'ambasciatore birmano all'Onu, Hau Do Suan, ha definito il documento di condanna "un altro classico esempio di 'due pesi e due misurè, che applica principi sui diritti umani in modo parziale e discriminatorio" per "esercitare pressione politica non richiesta sulla ex Birmania".