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Il rapporto. Myanmar, l'Onu sfida i generali: «Ecco i testimoni dei crimini»

Stefano Vecchia martedì 13 agosto 2024

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Ci sono prove circostanziate di una escalation delle atrocità commesse dalle forze armate in Myanmar. Il nuovo rapporto Onu parla di «crimini di guerra» e di «crimini contro l’umanità» su milizie etniche e forze di autodifesa civili che cercano con le armi di strappare il Paese ai generali al potere dal febbraio del 2021, cancellando un decennio di semi-libertà sotto istituzioni democratiche e il costante indirizzo della Premio Nobel per la Pace, Aung San Suu Kyi.
Secondo le informazioni raccolte (con 400 testimonianze oculari e 900 fonti) nel rapporto annuale appena diffuso dal Meccanismo investigativo indipendente sul Myanmar, organismo del Consiglio Onu per i Diritti umani, l’intensità del conflitto ha visto crescere negli ultimi dodici mesi la violenza con cui la giunta guidata dal generale Min Aung Hlain gioca il suo ruolo fondamentale. Una violenza che non ha avuto come oggetto soltanto obiettivi militari ma che si è espressa anche in attacchi aerei su scuole, edifici religiosi e ospedali, oltre che in mutilazioni contro detenuti catturati durante il conflitto, decapitazioni e esposizione pubblica di resti sfigurati e mutilati. «Abbiamo raccolto ampie prove che mostrano livelli orribili di brutalità e disumanità in tutto il Myanmar. Molti crimini sono stati commessi con il chiaro intento di punire e terrorizzare la popolazione civile», segnala Nicholas Koumjian direttore del Meccanismo ed ex pubblico ministero negli Stati Uniti, oltre che esperto di Diritto penale internazionale che ha lavorato in tribunali chiamati a far luce sulle responsabilità in diversi teatri di conflitto.
Il Meccanismo sta anche raccogliendo prove di incarcerazione illegale, inclusa detenzione arbitrarie e giudizi palesemente guidati verso oppositori della giunta militare dopo il primo febbraio 2021. Il rapporto evidenzia come tra luglio 2023 e giugno 2024 a migliaia sono stati arrestati e molti torturati o uccisi in detenzione. Ci sono abbondanti prove di torture sistematiche, inclusi abusi fisici e mentali come percosse, elettroshock, soffocamento e privazione del sonno. Anche però di stupri di gruppo e altri crimini sessuali o violenze basate sul genere commessi in detenzione. Le vittime sono di ogni genere e età, bambini inclusi.
«Nessuno è stato finora chiamato a rispondere di questi crimini e questo rafforza i colpevoli e dà maggiore spessore alla cultura dell’impunità – ricorda ancora Koumjian –. Noi stiamo cercando di spezzare questo circolo vizioso. Credo che il Meccanismo abbia fatto considerevoli progressi nell’avvio di procedimenti penali contro i principali responsabili».