Droga. Myanmar primo produttore mondiale di oppio. Supera l'Afghanistan
Polizia e militari thailandesi ispezionano a un check-point un carico di metanfetamine nascoste in grossi sacchi
La buona notizia è che l'Afghanistan non è più il primo produttore mondiale di oppio. La cattiva notizia è che lo è diventato il Myanmar. Lo rileva il recente rapporto dell'Ufficio delle Nazioni Unite per le droghe e il crimine (Unodc).
Se l'Afghanistan dei taleban ha messo al bando, almeno ufficialmente, la coltivazione dei papaveri da oppio, l'instabilità politica del Myanmar (ex Birmania) da quando i militari hanno preso il potere nel 2021 l'ha candidato a esserne il naturale successore. Drammatico primato, quello della produzione dell'ingrediente chiave dell'eroina.
Afghanistan, produzione calata del 95%. Ma sempre alta
Le autorità talebane hanno promesso di porre fine alla produzione illegale di droga. E da aprile del 2022 hanno imposto il divieto, senza offrire peraltro un'alternativa ai contadini per il sostentamento delle loro famiglie in un Paese alla fame.
Lo scorso anno le colture di papavero hanno rappresentato, per valore, quasi un terzo della produzione agricola totale del Paese, ma l'area utilizzata si sarebbe ridotta da 233.000 ettari alla fine del 2022 a soli 10.800 nel 2023. La produzione sarebbe calata del 95% a circa 330 tonnellate.
Nel caos del Myanmar gli agricoltori si aggrappano al papavero
Secondo le stime dell'ufficio Onu, entro la fine dell'anno il Myanmar avrà aumentato la produzione del 36%, raggiungendo le 1.080 tonnellate di oppio. L'anno scorso ne aveva prodotte 790. Nel biennio 2022-2023 la produzione sarebbe al livello più alto da oltre vent'anni. La superficie coltivata a papaveri da oppio è aumentata, nell'ultimo anno, del 18% salendo a 470 chilometri quadrati. Secondo l'Unodc, inoltre, la coltivazione sta diventando più sofisticata, con maggiori investimenti e pratiche migliori - tra cui una migliore irrigazione e il possibile uso di fertilizzanti - che fanno aumentare i raccolti.
L'Unodc spiega che l'economia del Myanmar è stata gravemente colpita dal conflitto interno e il dilagare della coltivazione di oppio ne è stata la conseguenza. «La limitata disponibilità di opportunità economiche legittime, l'accesso limitato ai mercati e alle infrastrutture statali e il peggioramento del clima economico causato dall'inflazione e dalla svalutazione monetaria possono rendere l'oppio, così come altri prodotti illeciti, un'alternativa attraente» per il sostentamento. «In Myanmar, questo sembra aver giocato un ruolo significativo nella decisione degli agricoltori, alla fine del 2022, di coltivare più papavero».
Altro elemento da non trascurare, dietro l'esplosione della coltivazione di oppio, sono le restrizioni internazionali al commercio della giada, la pietra verde semipreziosa che ha fatto la ricchezza del piccolo Myanmar: da lì arriva il 70% della giada mondiale e quella di più alta qualità; lì si trova, nel Nord, la più grande miniera di giada sul pianeta. Nel 2021 l'Unione Europea ha imposto sanzioni alle aziende pubbliche birmane che estraggono e commerciano giada, in quanto legate all'esercito. Anche se gran parte del commercio resta illegale ed è diretto in Cina, Paese "amico" della giunta militare.
Attualmente, i prezzi medi del raccolto dell'oppio fresco e secco sono saliti, rispettivamente, a 317 e 356 dollari al chilogrammo. Il valore totale stimato dell'economia degli oppiacei del Myanmar è salito tra 1 e 2,4 miliardi di dollari, l'equivalente tra l'1,7 e il 4,1% del Pil del Paese nel 2022.
La regione in cui si incontrano i confini di Myanmar, Thailandia e Laos, il cosiddetto Triangolo d'Oro, è stata storicamente una delle principali fonti di produzione e traffico illegale di droga, in particolare di oppio e metanfetamine. Il Myanmar e l'Afghanistan sono la fonte della maggior parte dell'eroina venduta nel mondo.