Mar Nero. Crimea, Mosca e Londra si affrontano (e si sparano) sul Mar Nero
La nave britannica Defender intercettata e ripresa da una aereo russo. L'immagine è ripresa da un video fornito dal ministero della Difesa di Mosca
È una guerra non dichiarata. Si sta combattendo al largo della Crimea. Gli incidenti sono sempre più frequenti. Contrappongono occidentali e russi, in uno spazio di mare sempre più difficile da governare. Ieri, si è rischiato grosso, al largo di Sebastopoli, quartier generale della flotta russa del Mar Nero. Un cacciatorpediniere britannico è stato ’invitato’ a invertire la rotta a colpi di bombe e di proiettili.
È la prima volta dal 2014, da quando è scoppiata la guerra in Ucraina orientale e la Crimea è tornata russa. Il 43° reggimento dell’aviazione di Marina russa ha fatto decollare da Saki quattro cacciabombardieri Su-24M. Uno ha sganciato quattro bombe a frammentazione lungo la traiettoria della nave britannica, bersagliata a poca distanza anche dai pattugliatori costieri delle guardie di frontiera del servizio d’intelligence federale.
Solo allora, gli inglesi hanno fatto dietrofront e si sono diretti in Georgia, sempre sorvolati dai cacciabombardieri nemici. Se ne sono contati fino a 20. C’era anche un aereo spia statunitense, che ha seguito tutta la faccenda. «I colpi sparati dalle forze russe sono stati sentiti distintamente a bordo», racconta Jonathan Beale, giornalista della Bbc, imbarcato sul cacciatorpediniere Defender. «L’equipaggio ha vissuto momenti di tensione ed è stato posto in stato di “massima allerta”».
«È volutamente entrato in acque rivendicate dalla Russia, a 12 miglia dalla Crimea occupata». Per l’Ammiragliato britannico, l’unità navigava in acque internazionali, per i russi le stesse acque sono ormai incorporate nello spazio marittimo nazionale, in seguito all’annessione della Crimea. E il ministero degli Esteri russo ha convocato l’ambasciatrice britannica a Mosca, mentre l’addetto militare dell’ambasciata è stato “invitato” al ministero della Difesa.
Da Londra, il ministero della Difesa ha smentito la versione di Mosca, negando gli spari contro la propria nave e legittimandone il transito «inoffensivo nelle acque territoriali ucraine, conformemente al diritto internazionale». Un modo per ribadire il diritto alla libera navigazione, sulla falsariga di quanto avviene nelle acque altrettanto contese del mar Cinese meridionale.
A Mosca però non ci stanno e hanno chiesto a Londra «un’indagine accurata delle azioni dell’equipaggio della nave militare». I russi non ammettono deroghe. Dal 2014, stanno intercettando un numero crescente di velivoli alleati, americani, britannici e francesi, che si avvicinano troppo alle sue nuove marche di frontiera. Hanno già chiuso alle navi occidentali il Mare d’Azov e, grazie ai buoni uffici della Turchia, si oppongono a qualsiasi revisione della convenzione di Montreux, che regola l’accesso delle unità militari dei Paesi non rivieraschi attraverso il Bosforo e i Dardanelli. Hanno legato le mani alla Nato che, per proteggere quel che resta dell’Ucraina indipendente, della Bulgaria e della Romania, deve fare i salti mortali.