Lutto. È morto Saeb Erekat, uomo del dialogo. La Palestina perde un pezzo di storia
Saeb Erekat, storico capo negoziatore della Palestina
Se ne va un pezzo di storia. È morto ieri per Covid all’ospedale israeliano Hadassah di Ein Kerem, a Gerusalemme, Saeb Erekat, capo negoziatore e segretario generale del comitato esecutivo dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp). Aveva 65 anni ed era ricoverato da settimane, in condizioni sempre più gravi. Punta di diamante della dirigenza palestinese, stretto collaboratore del presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Mahmud Abbas (Abu Mazen), accademico e politico, Erekat aveva subito un infarto nel 2012 e un complicato trapianto di polmoni nel 2017, effettuatogli negli Stati Uniti. Per questo, manifestati i primi sintomi dell’infezione (che nelle ultime settimane è stata protagonista di una forte accelerazione in Palestina, con un incremento di quasi settemila nuovi casi), era stato subito trasferito dalla sua residenza in Cisgiordania – dove si era ritirato a febbraio, rinunciando alle missioni diplomatiche – a Gerusalemme. Al momento del ricovero la struttura sanitaria aveva sottolineato come la terapia intrapresa rappresentasse per lui «una grande sfida», a causa di un «sistema immunitario indebolito ». La notizia del decesso è stata comunicata da Fatah, partito di cui Erekat era un esponente di spicco.
Ma il negoziatore era molto di più: un riferimento autorevole, avverso alle luci della ribalta, per tutta la scena politica palestinese. Si spiega così, infatti, non solo il dolore di Abu Mazen – «Abbiamo perso un fratello e un amico. La sua morte è una grande perdita per la Palestina e il nostro popolo» – ma anche quello di Ismail Haniyeh, leader del partito avversario Hamas, che lo ha definito «un figlio onesto della Palestina e un combattente fedele per la libertà e l’indipendenza del popolo palestinese». E cordoglio commosso «a tutto il popolo palestinese» ha espresso pure Mohammed Dahlan, il principale rivale di Mahmoud Abbas per la leadership palestinese. Parimenti addolorate le dichiarazioni dei capi di Stato di tutto l’arco dei Paesi sunniti in Nord Africa e Medio Oriente: dal ministro degli Esteri egiziano Sameh Shoukry, che ha definito Erekat un «patriota, simbolo di resistenza», a quello turco Mevlut Cavusoglu, che, con l’occasione, ha ribadito la costanza di Ankara «al fianco dei fratelli e delle sorelle palestinesi». Così anche il re di Giordania Abdallah, il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Abul Gheit, l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad al-Thani, il premier libanese incaricato Saad Hariri. Lo ricorda con stima anche il mondo politico israeliano, che in lui ha trovato, in trent’anni di serrate trattative, un avversario tenace, ma sempre convinto assertore della via diplomatica: «Sono triste per la morte di Saeb Erekat. Saeb ha dedicato la sua vita al suo popolo. Usava dire: “Ottenere la pace è il mio destino”», ha scritto su Twitter l’ex ministro israeliano degli Esteri Tzipi Livni, rivelando che, seppure malato, le aveva mandato un messaggio: «Non ho finito quello per cui sono nato».
Il nome di Erekat è in particolare associato agli Accordi israelo-palestinesi di Oslo (1993): non a caso Yossi Beilin, controparte israeliana a quel tavolo negoziale, lo ha definito ieri «un negoziatore duro», riconoscendone il valore. Per Erekat, morto alla vigilia del sedicesimo anniversario del decesso di Yasser Arafat, l’Anp ha indetto 3 giorni di lutto nazionale. Il valore del diplomatico e politico è stato riconosciuto anche da Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione Europea, che ha ricordato il suo contributo allo sviluppo di «strette relazioni tra l’Ue e la Palestina» e il suo sforzo per la soluzione che prevede due Stati, uno israeliano uno palestinese.