Un noto giornalista liberale ucraino è morto nell'esplosione
dell'auto su cui viaggiava nel centro di Kiev. Pavel Sheremet
era uscito di casa, salito sull'auto e, dopo qualche decina di
metri, la macchina è esplosa uccidendolo. Le autorità hanno
riferito che si sarebbe trattato di un ordigno. Lo scoppio non
lontano dal teatro dell'Opera di Kiev. L'auto era della
direttrice del giornale, Olena Pretula. Sheremet viveva in
Ucraina da cinque anni, prima lavorava alla tv di Stato russa.
Il sito web della International Federation of Journalists
(Ifj), ha dovuto aggiornare il suo drammatico conteggio sul
numero dei reporter uccisi nel mondo dall'inizio dell'anno: la
finestra con la numerazione digitale che campeggia nella parte
altra della homepage è così passata da 45 a 46.
Sheremet è il primo giornalista ucciso in Ucraina nel 2016,
anno in cui il triste primato, con dieci morti, spetta all'
Afghanistan. Appena il mese scorso si è saputo che un
giornalista del network statunitense National Public Radio
(Npr), David Gilkey, e il suo traduttore, Zabihullah Tamanna,
sono morti in un attacco mentre viaggiavano con l'esercito
afghano nella provincia meridionale di Helmand.
Ma anche in India lavorare nei media è molto pericoloso.
Quest'anno i morti sono stati quattro, e tre nel vicino
Pakistan. Dall'altra parte del mondo, uno dei luoghi più
rischiosi per gli operatori dell'informazione è certamente il
Messico. Dall'inizio dell'anno i morti sono già sei. Più che in
Iraq o Siria - dove imperversa il Daesh, che nel 2014 ha mostrato
al mondo le sue intenzioni decapitando i reporter americani
James Foley e Steve Sotloff e numerosi altri - dove negli ultimi
sei mesi sono morti rispettivamente quattro e cinque
giornalisti. E quattro sono morti anche in Yemen, e due in
Turchia, dove appena quattro giorni fa, nella notte del golpe, è
rimasto ucciso un fotogiornalista, Mustafa Cambaz.
E la tendenza, a livello globale continua ad essere
drammatica, ormai da molto tempo. Negli ultimi 25 anni, secondo
un rapporto diffuso a gennaio dalla Ifj, sei mesi fa erano 2.297
i giornalisti e gli operatori nel settore dei media che hanno
perso la vita cercando di informare il mondo su guerre,
rivoluzioni, criminalità e corruzione. Oggi sono quindi quasi
2.350. Nel 1990, anno in cui la federazione ha cominciato a
raccogliere questi dati, il bilancio dei giornalisti morti era
di 40 all'anno, ma dal 2010 non è mai sceso sotto la soglia dei
100. "Gli ultimi dieci anni sono stati i peggiori - ha
commentato in un'intervista il segretario generale della
federazione, Anthony Bellanger - e il 2006 è stato il peggiore
di tutti, con 155 morti".