È morto Helmut Schmidt,
cancelliere dell'ex Germania Ovest fra il 1974 e il 1982,
periodo che segnò il culmine della Guerra Fredda a livello
internazionale e dell'offensiva terroristica in patria. Aveva 96 anni ed era malato
da tempo: in agosto era stato ricoverato per disidratazione, e
il mese seguente sottoposto a intervento chirurgico per un
trombo a una gamba. Poi però era voluto rientrare a casa,
nella natia Amburgo, dove dall'altroieri le sue condizioni
erano peraltro "drammaticamente peggiorate". Una lunga militanza nelle file
della Spd, di cui incarnava tuttavia l'ala centrista, combattente al
fronte durante la II Guerra Mondiale, fatto prigioniero e quindi
insignito della Croce di Ferro, Schmidt si trovò a ereditare la
guida della Repubblica Federale Tedesca dal compagno di partito Willy
Brandt, abbandonandone la "Ostpolitik" di apertura alla Ddr,
all'epoca ancora a se stante e in orbita sovietica. Pragmatico,
promotore del libero mercato in economia e dell'integrazione europea,
ma anche del ruolo della Nato e della nascita dell'allora inedito
asse con la Francia, prima di approdare alla guida del governo fu
ministro della Difesa, poi dell'Economia e infine delle Finanze.
Contribuì notevolmente all'ascesa del proprio Paese come
prima potenza continentale per ritirarsi infine a vita privata
nell'86. Malgrado l'età avanzata e la salute sempre più precaria,
non rinunciò mai all'analisi politica, diventando un commentatore
tanto autorevole e rispettato quanto spregiudicato e spesso
tagliente. Di recente non esitò a criticare la crescente egemonia di
Berlino in Europa, invitando a diffidare delle potenziali conseguenze
negative del fenomeno sull'avvenire comunitario. Sopravvissuto alla
moglie Loki, scomparsa nel 2010, lascia due figli e una nuova
compagna, Ruth Loath.