Il traffico mondiale di minerali è un business da miliardi di dollari. Che genera ingenti perdite in termini economici e ambientali: solo in Sudafrica, Repubblica democratica del Congo e Perù, il commercio illegale sottrae circa 2,3 miliardi di dollari per Paese. In Africa, l’intreccio tra estrazione clandestina di oro, diamanti, coltan e conflitti è drammatico. Si calcola che l’80% dei minerali esportati dal Congo sia di provenienza illegale. Nelle cave «irregolari» del Paese lavorano, in condizioni di schiavitù, tra il mezzo milione e i due milioni di persone. Solo dall’oro miliziani e gruppi paramilitari guadagnano due miliardi di dollari. Il metallo viene portato in Burundi e Uganda e, dopo una serie di triangolazioni, finisce sul mercato europeo o, soprattutto, in Russia e nei Paesi del Golfo. In Zimbabwe, il traffico di diamanti genera invece un miliardo di dollari l’anno. In America Latina, il commercio illegale dell’oro è ormai chiamato la «nuova coca», mentre in Asia la situazione non è migliore: in Corea del Sud, ogni anno, vengono trafficate 70 tonnellate d’oro, in India il contrabbando è cresciuto del 300% nel 2014, mentre in Indonesia il valore di carbone venduto illegalmente supera i sei miliardi l’anno.