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Firma a Manila. Filippine, storico «sì» alla pace a Mindanao

Stefano Vecchia venerdì 28 marzo 2014
Una firma «storica». Nel pomeriggio di giovedì 27 marzo a Manila il presidente Benigno Aquino III e il leader del Fronte islamico di liberazione Moro (Milf) Murad Ibrahim, presente il premier malese Najib Razak, hanno presenziato alla sigla del trattato di pace che non solo dovrebbe fermare le violenze a Mindanao, ma che aprirà la strada, entro la metà del 2016, alla nuova autonomia delle province a maggioranza musulmana nel meridione filippino. Un risultato raggiunto con la mediazione malese e di facilitatori internazionali (tra i quali la Comunità di Sant’Egidio), che consentirà una sostanziale autodeterminazione al 10% della popolazione filippina di fede islamica, ma garantiranno anche sicurezza e uguali possibilità ai cristiani che con essa convivono. Alla firma dell’Accordo complessivo per il Bangsamoro (nazione musulmana) nel palazzo presidenziale di Malacañang, dove erano raccolti anche 500 membri del Fronte islamico di liberazione Moro, la consulente presidenziale per l’accordo di pace, Teresita Quintos-Deles ha definito l’iniziativa «una nuova alba» e ha promesso ai filippini «non più guerra, non più bambini in fuga per la salvezza, non più povertà e paura». La firma delle 5 pagine dell’accordo da parte della responsabile governativa per le trattative Miriam Coronel-Ferrer e il capo-negoziatore del Milf Mohagher Iqbal è stata accompagnata da diverse iniziative dei musulmani. A migliaia erano presenti a Quiapo, nell’area del capitale e in numero ancora maggiore, hanno festeggiato in varie località di Mindanao. Se il trattato rappresenta in sé un passo importante, gli ostacoli sul cammino della vera normalizzazione a Mindanao sono notevoli. Il presidente dovrà convincere entro l’anno il Parlamento ad approvare una legge che dia vita alla regione autonoma del Bangsamoro, in tempo per potere prevedere un referendum nelle regioni meridionali che confermi la volontà popolare di proseguire sul cammino dell’autonomia secondo le modalità indicate. Il rischio è che, avvicinandosi la scadenza del suo mandato, l’opposizione politica utilizzi la carta dell’autonomia per metterlo in difficoltà. Un ostacolo potrebbe essere anche l’opposizione dei cristiani che a Mindanao e in tutto il Sud sono una maggioranza, sebbene limitata in alcune aree. Il conflitto quarantennale che ha provocato almeno 140mila morti, continua a pesare. Il testo firmato ieri, giovedì 27 marzo, dovrebbe attenuare le resistenze a partire dalla sostanziale laicità del governo locale e dal fatto che Difesa, politica estera, valuta, attribuzione della cittadinanza, resteranno prerogativa di Manila. La regione autonoma sarà dotata di un proprio Parlamento e di autonomia fiscale; potrà disporre di una polizia locale e di risorse finanziarie derivanti dalla divisione con il governo centrale dei proventi dallo sfruttamento delle risorse naturali.