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G20. Il presidente argentino Milei ora corteggia la Cina

Luca Miele mercoledì 20 novembre 2024

La stretta di mano tra Javier Milei e Xi Jinping

In campagna elettorale aveva strombazzato che mai “avrebbe fatto accordi con i comunisti”, scagliandosi non solo contro il vicino Brasile ma contro la lontana – ma onnipresente in America Latina - Cina, definendo i loro leader in maniera non propriamente gentile (li etichettò come “assassini” e “ladri”). Ieri nello scenario del G20, il presidente argentino Javier Milei – questo “emulo” di Donald Trump, come lo ha definito l’Ap - ha stretto la mano al “collega” cinese Xi Jinping promettendo di “incrementare il commercio con la potenza asiatica”. Nel corso del colloquio tra i due leader, ha fatto sapere una nota del governo argentino, "sono stati trattati temi rilevanti per le relazioni bilaterali includendo la cooperazione costruttiva e l'estensione delle relazioni commerciali". Non solo: lo stesso presidente argentino a ottobre aveva annunciato una visita proprio in Cina.

Da dove salta fuori “la vena pragmatica” che Milei sta esibendo? La risposta per gli analisti è semplice: dalla consapevolezza di non potere tirare troppo la corda con il secondo partner commerciale del Paese. Dopo il viaggio a Mar-a-Lago per omaggiare il presidente eletto Usa Donald Trump, il riallineamento di Milei giunge dopo che il presidente argentino ha cercato di indebolire (o sabotare) varie iniziative internazionali, ritirando i negoziatori argentini dal summit sul clima delle Nazioni Unite, esprimendo gli unici voti “no” a due risoluzioni Onu, una a sostegno dei diritti degli indigeni e un’altra che chiedeva la fine della violenza contro le donne, e agitando i negoziati al summit del G20. Non solo: ieri Andrea Tenenti, portavoce della missione di peacekeeping delle Nazioni Unite che opera lungo il confine meridionale del Libano, ha fatto sapere che l'Argentina ha deciso di sfilarsi dall’Unifil e di ritirare i suoi peacekeeper.
“L'Argentina non è certo una grande potenza e si trova in una situazione economicamente molto difficile", spiega Roberto Goulart Menezes, professore di relazioni internazionali presso l'Università di Brasilia. Quella pressione, ha aggiunto, è stata "sufficiente perché l'Argentina riducesse finalmente la sua opposizione".

Il bilaterale tra Argentina e Cina - ANSA

A settembre, secondo i dati ufficiali dell'Istituto nazionale di statistica e censimento, il 52,9 percento degli argentini risultava povero, un aumento di 11 punti percentuali rispetto alla seconda metà del 2023, quando Milei ha conquistato la presidenza. Lo scorso mese di giugno le autorità monetarie argentine e cinesi hanno rinnovato una linea di swap - un accordo per lo scambio delle rispettive valute - per l'equivalente di 5 miliardi di dollari fino al luglio 2026. La banca centrale del Paese sudamericano ha dichiarato in un comunicato che avrebbe rinnovato l'intero importo per 12 mesi, per poi ridurlo gradualmente nei 12 mesi successivi.
L’apertura di Milei rilancerà la presenza strategica cinese in Argentina, con Pechino che guarda con grande interesse a un Paese che detiene il 21 percento dei depositi di litio conosciuti al mondo, un componente cruciale nelle batterie delle auto elettriche? Sicuramente scalderà i motori della battaglia per l'influenza in America Latina: la Cina ha già investito circa 155 miliardi di dollari in progetti infrastrutturali nella regione dal 2005. Quanto il Paese sia considerato fondamentale da Pechino per la penetrazione in America Latina lo confermano alcuni “passaggi”: nel 2004, il gigante asiatico ha riconosciuto l'Argentina come uno dei tre partner strategici della regione e nel 2014 ha promosso la relazione a "partnership strategica globale". Le esportazioni argentine verso la Cina sono cresciute di circa otto volte, da 1,09 miliardi di dollari nel 2002 a 7,93 miliardi nel 2022, mentre le importazioni argentine dalla Cina, nello stesso arco temporale, sono cresciute di oltre 53 volte, da 330 milioni a 17,5 miliardi. I rapporti economici tra i due Paesi hanno recentemente subito, però, forti scossoni, come l'annullamento dell'acquisto da parte dell'Argentina dei caccia cinesi JF17/FC-1 in favore dei caccia F-16 prodotti dagli Stati Uniti.