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Balcani. Profughi al gelo in Bosnia, Caritas: catastrofe umanitaria

Redazione Internet lunedì 4 gennaio 2021

La denuncia di Caritas Italiana: una catastrofe umanitaria sulla rotta balcanica

La situazione già precaria dei migranti in Bosnia Erzegovina rischia di aggravarsi ulteriormente sia per il peggioramento delle condizioni meteo, sia per i continui trasferimenti da un campo profughi all'altro, in strutture dove mancano le condizioni minime per una sopravvivenza dignitosa.

Come avverte la Caritas Italiana in una nota, l'esito è una probabile catastrofe umanitaria che può condurre anche a violenze e gravi tensioni sociali.


È infatti appena cominciata la ricostruzione del campo di accoglienza Lipa, andato quasi completamente distrutto qualche giorno fa, con l'esercito che sta montando le prime tende. Lipa è però un luogo assolutamente inadatto all'accoglienza, soprattutto in questo periodo invernale. Era infatti stato chiuso la settimana scorsa perché altamente pericoloso per la vita delle persone che ospitava: è sprovvisto di elettricità, acqua potabile e riscaldamento, in una zona dove le temperature scendono sotto zero. Subito dopo la sua chiusura, un incendio aveva distrutto le poche tende rimaste nel campo.

Caritas riferisce che le 1.200 persone ospitate al momento della chiusura erano finite per strada senza una sistemazione alternativa. I tentativi di riaprire l'ex campo Bira (nella città di Bihac) o di allestire l'ex caserma in località Bradina (non distante da Sarajevo) da parte delle autorità locali sono falliti per le proteste dei cittadini e delle autorità locali.

Alla fine la soluzione è stata la riapertura del campo di Lipa, nonostante tutti gli attori internazionali fossero contrari, in quanto mette a rischio la vita di centinaia di persone, dal momento che in quel campo non potranno essere garantite in poco tempo le condizioni minime necessarie per vivere.

Bruxelles si aspetta che le autorità bosniache risolvano la situazione

La situazione dei migranti nel campo di Lipa e, più in generale, nel cantone dell'Una-Sana in Bosnia-Erzegovina "è inaccettabile e deve essere risolta immediatamente". Si tratta di un "disastro umanitario che avrebbe potuto essere evitato se le autorità" del Paese balcanico "avessero agito come richiesto già prima del periodo natalizio" ha affermato un portavoce della Commissione Ue. Bruxelles si aspetta che "le autorità bosniache a tutti i livelli intraprendano azioni immediate per risolvere subito la situazione", ha ammonito il portavoce, evidenziando che "si tratta di salvare la vita di centinaia di persone" e che il Paese balcanico ha "obblighi internazionali e umanitari".

La Commissione Ue ha annunciato domenica lo stanziamento di ulteriori 3,5 milioni di euro per aiutare Sarajevo a gestire la situazione dei migranti, in aggiunta agli oltre 88 milioni stanziati dal 2018 a oggi.

"Sono necessarie soluzioni a lungo termine e le autorità della Bosnia-Erzegovina dovrebbero comportarsi come autorità di un Paese che aspira a entrare nell'Ue", ha aggiunto il portavoce, sottolineando che "le vite delle persone non possono essere sacrificate per lotte politiche interne" e quanto accade "sta influenzando negativamente l'immagine della Bosnia-Erzegovina agli occhi degli Stati membri ma anche sulla scena internazionale".

Mentre le istituzioni europee richiamano alla responsabilità la Bosnia, alcuni europarlamentari di + Europa richiamano "le stesse istituzioni europee a un'assunzione di responsabilità per affrontare, in prospettiva tanto d'urgenza quanto sistematica, le migrazioni lungo la rotta balcanica (ma non solo) con soluzioni che rispettino i diritti fondamentali dell'uomo di cui tanto si scrive in Carte costituzionali, Trattati e documenti vari". "Ci vuole Più Europa - proseguono Benedetto Della Vedova, segretario di Più Europa, Manuela Zambrano, della segreteria di +Europa, e Dino Rinoldi, membro dell'Assemblea di +E - per salvaguardare la vita e la dignità di quanti si accalcano alle frontiere dell'Unione, per prevenire e reprimere la tratta di persone".

L'Alto rappresentante Ue per la politica estera e di sicurezza, Josep Borrell, aveva già chiesto nei giorni scorsi alle autorità bosniache di garantire al più presto la sistemazione nel campo di Bira, a Bihac, dei migranti evacuati dall'altro campo di Lipa. "Siamo testimoni di una grave crisi umanitaria in Bosnia-Erzegovina", aveva detto Borrell, citato dai media regionali.

"Più di 900 migranti sono rimasti senza una sistemazione in difficili condizioni invernali, dopo la chiusura del centro di accoglienza di Lipa. Ciò ha ulteriormente aggravato una situazione, nella quale circa 3mila migranti sono senza una adeguata sistemazione", aveva aggiunto l'Alto rappresentante. Tale problema va risolto al più presto - aveva osservato Borrell, sottolineando che la Ue ha messo a disposizione 3,5 milioni di euro per il pieno allestimento del centro di accoglienza di Bira.

Il campo di Lipa, non lontano da Bihac, nel nord-ovest della Bosnia, era stato chiuso nei giorni scorsi dopo che gli stessi migranti ospitati lo hanno incendiato alla notizia che la struttura sarebbe stata temporaneamente chiusa per lavori di ristrutturazione e adattamento alle condizioni invernali. Gli abitanti di Bihac tuttavia, sostenuti dal sindaco, avevano protestato da giorni contro l'arrivo dei migranti nel campo di Bira (che si trova nel centro abitato), sostenendo che rappresentassero una minaccia alla loro sicurezza.