Cambiamenti climatici. Mezza Africa «affoga» nelle alluvioni
Un villaggio inondato dalle piogge nella diocesi keniana di Marsabit
Emergenza clima avvolta nel silenzio in Corno d’Africa e in Africa orientale. Sono già 200 i morti per inondazioni e alluvioni, centinaia di migliaia gli sfollati che hanno perso raccolti e bestiame e vanno a ingrossare le fila degli sfollati interni, ulteriore peso per Paesi già vulnerabili.
Secondo le agenzie Onu sono oltre 2,5 milioni le persone colpite. In tutta la regione il peggioramento delle condizioni climatiche ha aggravato le pesanti conseguenze di siccità, violenza e conflitti ricorrenti. E lo spettro della carestia e della fame dovuto stavolta al meteo impazzito torna ad aleggiare. Dopo la siccità di mesi estivi particolarmente aridi, da settimane – in particolare a novembre – vaste regioni di Somalia, Gibuti, Etiopia, Sudan, Sud Sudan e Kenya sono state colpite da intense e prolungate piogge torrenziali che hanno provocato estese inondazioni. Il prezzo del fallimento della Conferenza sul clima (Cop25) di Madrid, dove i Paesi ricchi non hanno voluto prendere impegni concreti e vincolanti nel contrasto al cambiamento climatico, lo inizia a pagare l’area del pianeta più vulnerabile ed e- sposta.
In Sudan circa 346.300 persone sono state colpite dalle inondazioni di luglio e agosto e le piogge e le acque stagnanti hanno provocato focolai di malattie tra cui il colera. In Etiopia si contano circa 570mila persone colpite, delle quali oltre 202mila sfollati, per la maggior parte nella regione al confine con la Somalia. E in Somalia, i fiumi Juba e Wedi Shebeli sono esondati e si contano più di 334mila sfollati e almeno 10 morti accertati. In Sud Sudan sono state colpite più di 908mila persone con 78 vittime accertate, 420mila necessitano di assistenza umanitaria urgente. In Kenya, inondazioni fluviali e improvvise frane hanno colpito circa 330mila persone, 18mila sfollati e 132 morti.
Il rapporto Caritas sulle tre diocesi keniane più colpite è impressionante perché parla di regioni fino ad oggi considerate aride: «La diocesi di Kitale ha riferito che questo è il peggior disastro naturale mai vissuto. Molte le vittime sorprese nel sonno. Tutte le strade che portano ai villaggi sono interrotte. Nella Diocesi di Lodwar si contano 8mila sfollati. E si registra la perdita di capre, pecore, bovini e cammelli che sono la maggior fonte di sostentamento per la comunità e la distruzione delle poche terre coltivabili. Nella diocesi di Garissa sono morti alcuni studenti in diverse scuole. Si contano 1.654 famiglie colpite».
È possibile sostenere gli interventi di Caritas Italiana, con il conto corrente postale n. 347013, o donazione on-line sul sito www.caritas.it o bonifico bancario (causale “Emergenza Corno d’Africa”) tramite: Banca Popolare Etica, IT24 C050 1803 2000 0001 3331 111; Banca Intesa Sanpaolo, Iban: IT66 W030 6909 6061 0000 0012 474; Banco Posta, Iban: IT91 P076 0103 2000 0000 0347 013; UniCredit, Iban: IT 88 U 02008 05206 000011063119.
«In Somalia sott’acqua è andata la zona di Baidoa – racconta il vescovo di Gibuti Giorgio Bertin, amministratore apostolico di Mogadiscio – e anche Gibuti è stata colpita da piogge torrenziali mai viste l’ultima settimana di novembre. Solo 40 anni fa mi era capitato qualcosa di simile, ma ormai è da tempo che succedono questi disastri. Oltre ai danni, soprattutto per gli agricoltori che hanno perso i raccolti, c’è il problema dell’acqua stagnante in insediamenti privi di impianti fognari. Molto alto il rischio di colera e di malattie portate dalle zanzare come malaria e chikungunya». Per inviare gli aiuti la Caritas somala collabora con Coopi, Ong milanese che ha personale locale.
La Caritas italiana ha lanciato l’allarme ed è in costante contatto con le Caritas dei Paesi colpiti. «Ci siamo attivati prontamente – spiega Fabrizio Cavalletti dell’Ufficio Africa di Caritas italiana – raccogliendo anzitutto informazioni, cosa non facile per l’inaccessibilità e la mancanza di sicurezza in diverse aree. La rete Caritas si è mobilitata per rispondere ai bisogni più urgenti in coordinamento con altre organizzazioni sul terreno e le autorità locali. In particolare è in atto la distribuzione di acqua pulita, cibo, kit igienici, ripari di urgenza, teloni impermeabili, zanzariere, servizi igienici temporanei, forniture mediche. Dove è possibile è stato inviato un primo stanziamento e siamo pronti a intervenire con ulteriori contributi in base alle necessità e alle offerte che si riceveranno».
I più colpiti sono gli agricoltori, poi pastori e allevatori. «La situazione è molto critica – puntualizza Cavalletti – soprattutto in Sud Sudan e Somalia dove la popolazione vive da decenni in condizioni di estrema povertà, martoriata da anni di conflitti e fragilità dello Stato. Questa ennesima emergenza, che potrebbe essere gestita in Paesi più avanzati, mette in luce la profonda iniquità che si manifesta nel connubio tra povertà, fragilità politica, conflitti e catastrofi ambientali».