Mondo

Rapporto. Mezzo mondo è protetto dal welfare, nei Paesi poveri va ancora male

Francesca Ghirardelli venerdì 4 ottobre 2024

Quante donne al mondo, alla nascita di un figlio, possono contare su un’indennità di maternità e quante persone anziane, dopo una vita di fatiche, riescono a ricevere una pensione? E chi si ammala o è vittima di un infortunio, in che misura ottiene sostegno dalla propria comunità nazionale? È una rete di salvataggio per fronteggiare vulnerabilità e rischi che possono insorgere nell’arco della vita di ciascuno ed è «un diritto umano fondamentale»: così l'Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) di Ginevra definisce la protezione sociale, a cui periodicamente dedica uno specifico rapporto mondiale.

L’ultima edizione è stata presentata la scorsa settimana a New York, a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite. Il World Social Protection Report 2024-2026 offre una panoramica delle politiche di intervento pubblico nei casi di mancanza di reddito a seguito di malattia, disabilità, vecchiaia, maternità e altri eventi, a diverse latitudini. Gli squilibri geografici sono ancora profondi, ma una buona notizia c’è: per la prima volta, più della metà della popolazione mondiale, cioè il 52,4%, è coperta da almeno una prestazione di protezione sociale, in aumento di quasi dieci punti percentuali rispetto al 42,8% del 2015. I Paesi ad alto reddito si avvicinano sempre di più a una copertura universale, sfiorando l’86% di popolazione interessata, anni luce dal tasso rilevato nei Paesi a basso reddito, fermo in media al 9,7%. Così 3,8 miliardi di persone ancora non possono fare affidamento su alcun tipo di sicurezza. In questa edizione del report si osserva, in particolare, come la protezione sociale possa dare un contributo rilevante all’adattamento ai cambiamenti climatici, fra eventi estremi e a lenta insorgenza, e alle conseguenze delle politiche green adottate al riguardo.

Intanto, però, nei 20 Paesi più vulnerabili di fronte alla crisi climatica, il 91,3 percento delle persone, ovvero 364 milioni di individui, non ha ancora una protezione. Il rapporto permette anche di vedere da vicino la distribuzione delle prestazioni sociali e previdenziali. Le percentuali più basse di copertura si rilevano in Africa (19% di popolazione con almeno una prestazione) e, per alcuni indicatori, nei Paesi Arabi (penisola Arabica e parte del Medio Oriente, con in media il 30%).

Il mondo arabo presenta, in particolare, livelli di protezione più bassi di quelli africani nel caso dei minori, con il 14,2% dei bambini destinatari di prestazioni o assegni familiari cash (nei Paesi africani si arriva al 15,4%, mentre la media mondiale è del 28,2%), e nel caso degli anziani, con il 27,8% di lavoratori in età pensionabile che riceve una pensione (sono invece in media il 31,8% in Africa, e il 79,6% nel resto del pianeta). Nel mondo arabo si rileva inoltre una copertura più debole anche per chi è senza lavoro: solo l’1,2% riceve un’indennità di disoccupazione, persino in calo rispetto ai valori del 2015 (mentre nel continente africano si sale al 3,8% e al 16,7% a livello globale).

Nel raffronto tra le coperture del 2023 e quelle del 2015, i miglioramenti sono evidenti. In termini di protezione della maternità, per esempio, al mondo in media il 36,4% delle donne con neonati riceve un sussidio in denaro, in aumento di 6,8 punti percentuali rispetto a otto anni fa. Certo, fa notare il rapporto, «se i progressi continuassero a questo ritmo a livello mondiale, ci vorrebbero altri quarantanove anni, cioè fino al 2073, perché tutti siano coperti da almeno una prestazione».