Save the Children. Metà dei bambini non scolarizzati vive in Paesi a rischio climatico
Quando chiudere le scuole per le vacanze estive? E quando riaprirle? Se in Italia il calendario scolastico è regionale - fermo restando il numero complessivo dei giorni di lezione - questo è dovuto anche alle differenze climatiche tra regioni diverse. E se ci fosse un'estate pressoché permanente, con temperature agostane per parecchi mesi l'anno? È lo scenario con il quale devono confrontarsi Paesi tra i più poveri al mondo, dove il tasso di scolarizzazione è già molto basso. Dati alla mano, lo dimostra una nuova analisi di Save the Children.
Prendiamo il Sudan del Sud. A fine marzo le temperature hanno raggiunto i 45 gradi. Impossibile spostarsi per raggiungere la scuola, non solo per gli alunni, e studiare in aule senza neanche l'aria condizionata. Il governo ha ordinato la chiusura di tutte le scuole per due settimane. In attesa che il caldo eccessivo passi.
Dall'Africa all'Asia. Nelle Filippine, 10 delle 17 regioni dell'arcipelago sperimenteranno in aprile temperature pari o superiori ai 42°, circa il 20% della media stagionale, stando alle previsioni.
Basta osservare il mappamondo per accorgersi che la fascia climatica attorno ai tropici, minacciata di desertificazione dei cambiamenti climatici in corso, è quella dove si trovano molti dei Paesi poveri. L'analisi di Save the Children ha messo in relazione il tasso di scolarizzazione tra i 5 e i 19 di età con la posizione geografica e il grado di rischio per gli effetti negativi della crisi climatica. Ne è emerso che circa la metà dei bambini e degli adolescenti non scolarizzati (125mila su 250mila) vive nei 36 Paesi più esposti al rischio climatico. Oltre alla povertà estrema, altri fattori che impediscono la regolare frequenza scolastica sono conflitti, disabilità e disuguaglianza di genere. Basti pensare all'Afghanistan dei taleban che vieta l'istruzione superiore alle femmine.
Dal 2020, secondo il rapporto di Save the Children, circa 62 milioni di bambini e adolescenti di 27 Paesi hanno subito delle interruzioni dell'istruzione a causa di choc climatici, con conseguenze significative di lungo periodo sull'apprendimento. La chiusura delle scuole a causa di ondate di calore, in atto nel Sudan del Sud, potrebbe essere solo la prima di una lunga serie.
«La crisi climatica è una crisi dei diritti dell'infanzia. Minaccia la possibilità di accesso all'istruzione e ha conseguenze potenzialmente di lungo periodo sui bambini, che ancora una volta sono costretti a pagare il prezzo di una crisi di cui sono i meno responsabili», ha dichiarato Kelley Toole, direttrice globale ad interim di Save the Children per la povertà infantile, il clima e le aree urbane. «Se non agiamo per difendere l'istruzione dagli effetti negativi del cambiamento climatico, l'impatto sul futuro di questi bambini, che già vivono in alcuni dei Paesi con i tassi di abbandono scolastico più alti, potrà solo peggiorare. Non possiamo permetterci ulteriori disuguaglianze e ingiustizie».
Tra i posti al mondo dov'è più doloroso essere bambini, in questo momento, c'è la Striscia di Gaza. E lì non è una questione di clima meteorologico. «Ciò che spesso si perde nel parlare di Gaza è che si tratta di una catastrofe per i bambini. Hanno subito un lutto, sono malati e malnutriti» osserva David Skinner di Save the Children. E molto spesso hanno perso quel luogo cardine per la loro vita che è la scuola. Più della metà dei bambini di Gaza, 620mila, non può frequentare in alcun modo la scuola, conferma l'Unicef. Otto scuole su dieci sono danneggiate o distrutte. «Ma ricostruire le scuole sarà un compito molto più semplice che aiutare i bambini a superare il trauma e la perdita dell'istruzione» aggiunge Skinner.