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ELEZIONI. Con la vittoria di Pena Nieto il Pri torna al potere in Messico

lunedì 2 luglio 2012
Dopo 12 anni di esilio all'opposizione il Partito Rivoluzionario Istituzionale (Pri) è tornato al potere grazie alla chiara vittoria nelle urne di Enrique Pena Nieto, il telegenico avvocato quarantacinquenne che ha riconquistato la presidenza del Messico per la forza politica che ha governato il paese dal 1929 al 2000, imponendosi con un vantaggio di circa otto punti sul suo principale avversario, il progressista Andres Manuel Lopez Obrador, che però non ha ancora ammesso la sua sconfitta."Assumo  con emozione, impegno e pieno senso della responsabilità il mandato che mi è stato affidato", ha dichiarato Pena Nieto nella sua prima dichiarazione dopo che l'Istituto Federale Elettorale (Ife) ha reso note le cifre del suo Conteggio Rapido, una proiezione statistica dei risultati in base a campioni rappresentativi di tutti i circuiti elettorali del paese, che gli attribuiscono fra il 37,9 e il 38,55% dei voti.Il presidente eletto ha affermato che i cittadini messicani "hanno parlato con assoluta chiarezza", esprimendo la loro scelta a favore di un "cambiamento con direzione", e ha chiesto ai dirigenti di tutti i partiti di collaborare lealmente con il prossimo governo nella sua azione, indicando come priorità la lotta contro la disoccupazione e il narcotraffico: "con il crimine organizzato non vi sarà nè patto né tregua", ha assicurato.L'appello alla "riconciliazione nazionale" di Pena Nieto non sembra però aver avuto alcun effetto su Lopez Obrador (a cui l'Ife attribuisce fra il 30,9 e il 31,86% dei voti): dopo la diffusione della prima proiezione ufficiale, infatti, il candidato della sinistra non ha riconosciuto la sconfitta, limitandosi a dichiarare che aspetterà fino alla conclusione dello scrutinio ufficiale dei voti, mercoledì prossimo, per commentare l'esito delle elezioni. Lopez Obrador non ha denunciato specificatamente brogli o irregolarità, ma ha detto che "esistono informazioni in nostro possesso che indicano qualcosa di diverso da quello che dicono le cifre ufficiali", precisando che "non voglio squalificare quello che è stato reso noto ufficialmente: semplicemente noi non abbiamo i dati".La presa di posizione del candidato della sinistra ha risvegliato lo spettro delle denunce sulla legittimità delvoto, che avevano portato lo stesso Lopez Obrador a disconoscere pubblicamente la sua sconfitta nel 2006 da parte di Felipe Calderon, il presidente uscente, per meno di un punto percentuale.Il primo candidato che ha ammesso pubblicamente la sua sconfitta è stata Josefina Vazquez Mota, del Partito di Azione Nazionale (Pan,destra) a cui la proiezione dell'Ifa attribuisce fra il 25,1e il 26,03% dei voti, e lo stesso ha fatto poco dopo Gabriel Quadri, del Partito Nuova Alleanza (Panal, ambientalista) che avrebbe ottenuto fra il 2,27 e il 2,57% dei voti, e che ha chiesto esplicitamente a Lopez Obrador di riconoscere la sua sconfitta, segnalandogli che al farlo Vazquez Mota aveva dato "una prova di maturità e senso civile che dovrebbe prendere ad esempio".Molti analisti hanno segnalato durante la campagna elettorale che l'atteggiamento di Lopez Obrador dopo le elezioni del 2006 - quando il leader progressista si è lanciato in una campagna di reclamo della presidenza sulle piazze del paese che è durata mesi - è stato appunto uno dei fattori che hanno portato a una sensibile riduzione della popolarità che aveva ottenuto come presidente del governo del Distretto Federale, ossia Città del Messico.Alla sinistra resta comunque un premio di consolazione: il suo candidato al governo del Distretto Federale, Miguel Angel Mancera, ha ottenuto una vittoria schiacciante, con oltre il 60% dei voti, e 30 punti di distanza dal rivale più vicino, mantenendo la capitale messicana solidamente in mano all'opposizione progressista, che la governa ininterrottamente dal 1997.