Due volte è scappato, ma
due volte lo hanno ripreso: Joaquin "El Chapo" Guzman, il boss
del cartello di Sinaloa considerato il più ricco e potente
narcotrafficante del mondo, è stato catturato ieri da uomini
della Marina militare messicana a Los Mochis, una cittadina
sotto il controllo della sua organizzazione criminale. "Missione compiuta!", ha esultato il presidente
Enrique Pena
Nieto, annunciando per primo su Twitter l'arresto del Chapo.La
sua fuga dal carcere di massima sicurezza di El Altiplano nel
luglio scorso, infatti, aveva posto in forte imbarazzo il suo
governo, a causa delle evidenti complicità con le quali aveva
contato il superboss per una evasione rocambolesca, attraverso
un tunnel sotterraneo lungo un chilometro e mezzo.Pena Nieto, in un breve intervento televisivo, ha detto che
la cattura di Guzman rappresenta "un orgoglio per l'intera
nazione", nonché "un trionfo per lo Stato di diritto", che
dimostra "che le istituzioni dispongono delle capacità
necessarie per affrontare chi minaccia la tranquillità dei
messicani". E ha rivendicato i successi nella lotta ai boss:
con El Chapo sono 98 i criminali più ricercati assicurati alla
giustizia su 122. Secondo le prime ricostruzioni dei fatti, El Chapo è stato
catturato al termine di un duro scontro a fuoco contro gli
uomini del boss, cinque dei quali sono morti nella sparatoria,
durante la quale è rimasto ferito anche un militare.
Nell'operazione, hanno riferito fonti ufficiali, sono stati
sequestrati quattro veicoli, dei quali due blindati, otto armi
lunghe, un lanciarazzi e una ingente quantità di dollari in
contanti.
L'opinione pubblica messicana ha così assistito per seconda
volta allo stesso copione.Pena Nieto aveva già annunciato
l'arresto del Chapo Guzman su Twitter nel febbraio del 2014,
quando altri uomini della Marina militare avevano catturato il
narcotrafficante a Mazatlan, una località costiera dello stato
di Sinaloa, nel nordovest del Messico, poco lontano da Los
Mochis.
El Chapo era scappato 13 anni prima, nel 2001, da un altro
carcere di massima sicurezza, questa volta quello di Puente
Grande, a Jalisco, dove scontava una pena a 20 anni di carcere.
La sua seconda latitanza, invece, è durata meno di sette
mesi, ed è stata piuttosto movimentata: lo scorso 16 ottobre le
autorità hanno informato di uno scontro a fuoco in una località
non precisata dello stato di Sinaloa, durante il quale Guzman
era rimasto ferito al volto, ma era riuscito comunque a
scappare.
Anche la seconda fuga del Chapo, insomma, lo ha riportato
al cosiddetto Triangolo d'Oro, la remota regione agricola a
cavallo fra Sinaloa, Durango e Chihuahua dove è nato 61 anni fa,
e dove è ancora rispettato e temuto, come un signore feudale.
Resta ora da vedere se il Messico concederà l'estradizione
verso gli Usa del narcoboss più ricercato del mondo: Washington
l'ha richiesta nel giugno scorso. Secondo analisti della stampa
messicana, anche se legalmente l'estradizione potrebbe avvenire
anche subito, è probabile che non sia concessa immediatamente.
"In termini strategici risulterebbe raccomandabile tenerlo in
Messico almeno per un certo tempo, anzitutto per evitare di far
vedere il governo in una posizione di debolezza, e poi perché
bisogna ottenere da lui informazioni che sono importanti per le
autorità", ha detto Eduardo Guerrero, analista del quotidiano
Milenio.