"Un anno fa, a un mese dalla scarcerazione, Meriam Ibrahim Ishag saliva su un volo della Presidenza del consiglio italiana conquistando la sua vera e
definitiva libertà. Oggi Meriam vive negli Stati Uniti e continua
la sua battaglia di fede. Quotidianamente si batte per i diritti
dei cristiani perseguitati meno fortunati di lei". Lo ha ricordato sull'Huffington Post Antonella Napoli, giornalista e attivista per i diritti umani, che nel 2014 partecipò alla campagna per la liberazione della giovane sudanese, in carcere
all'ottavo mese di gravidanza, condannata a morte per apostasia e
poi scagionata grazie alla pressione della mobilitazione
internazionale.
"Era la notte te il 23 e il 24 luglio del 2014 - ricorda Napoli,
presidente di Italians for Darfur e autrice del libro 'Il mio
nome è Meriam' - quando Meriam lasciava il Sudan, Paese in cui
era stata condannata a morte per apostasia. Ormai sono lontani i
giorni del terrore e della prigionia. Lei è la sua famiglia si
godono l'estate, il freddo e le prime difficoltà di adattamento
delle stagioni fredde sono solo un ricordo. Sono stati mesi duri.
Ma anche durante le frequenti nevicate autunnali e le temperature
rigide invernali nelle giornate che scorrevano lente nel New
Hampshire Meriam ha sempre avvertito intorno a sé il calore di
quanti si sono stretti intorno a lei e ai suoi cari per
sostenerli. E non li hanno mai lasciati soli".