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Ucraina. Meloni: «I caccia non sul tavolo. L’Italia con Kiev, non tentenna»

Nello Scavo, inviato a Kiev martedì 21 febbraio 2023

La premier Meloni con il presidente Zelensky alla conferenza stampa a Kiev

Quando salta la corrente e tutti rimangono al buio, Volodymyr Zelensky cerca nella penombra Giorgia Meloni. «È colpa dei russi», esclama nella prima giornata trascorsa senza sirene su Kiev. A sud, nella martoriata Kherson, i colpi di artiglieria deliberatamente scagliati sui civili hanno fatto 6 morti e 12 feriti a una fermata del bus, nel momento esatto in cui Putin parlava di pace e citava il Vangelo. «Ho fortemente voluto venire qui per ribadire che l’Italia non intende tentennare», ripete Meloni durante una conferenza stampa congiunta, ospite del palazzo presidenziale. Si parla dell’invio di armi, ma non ancora di aerei, di assistenza alla popolazione e di programmi per la ricostruzione. Ad aprile, ha annunciato Meloni, d’accordo con Kiev, si svolgerà in Italia una conferenza internazionale sulla ricostruzione. «Dovrà coinvolgere gli Stati ma anche i privati – rimarca Zelensky – perché abbiamo bisogno degli investimenti di tutti».

Il presidente ucraino ha discusso con la delegazione della sua proposta di pace in 10 punti. E provando a togliere argomenti a Mosca, dice di essere interessato al piano cinese, «che ancora non ho letto, ma chiunque nel mondo voglia avanzare delle proposte per una pace giusta noi dobbiamo ascoltarlo». La notizia di nuovi attacchi contro obiettivi civili fa rinnovare al governo ucraino la richiesta di armi. «Quando c’è un aggredito tutte le armi sono difensive», sostiene Meloni, che però taglia corto sulla fornitura di caccia: «Al momento non c’è sul tavolo l’invio di aerei, è una decisione da prendere con i partner internazionali. Ci siamo concentrati su sistemi di difesa antiaerea, Samp-T, Spada, Skyguard. La priorità è difendere infrastrutture e cittadini».

Si tratta prevalentemente di contraerea basata su missili a guida radar e gittata limitate (circa 20 chilometri). Ma nel salone del settecentesco palazzo Mariinskyi dove i due presidenti dialogano davanti ai reporter e alle rispettive delegazioni diplomatiche, aleggia un fantasma. Meloni lo sa e anche Zelensky non vede l’ora di evocarlo. La premier risponde alla domanda di una giornalista ucraina, ma neanche lo cita per nome. «La nostra maggioranza ha firmato un accordo di governo. Al di là di alcune dichiarazioni – scandisce provando a vincere gli starnuti –, quando c’è stato da votare il sostegno all’Ucraina la maggioranza è sempre stata compatta». Zelensky, invece, quel nome lo fa: «Credo che la casa del signor Berlusconi non sia mai stata bombardata, che mai siano arrivati con i carri armati nel suo giardino, che nessuno abbia ammazzato i suoi parenti e che non abbia mai dovuto fare la valigia alle 3 di notte per scappare, e tutto questo grazie all’amore fraterno della Russia».

La premier Meloni in visita a Irpin e Bucha - Ansa / Presidenza del Consiglio

È sufficiente girare l’Ucraina per città e villaggi per sapere che i nomi di Berlusconi e Salvini suscitano una irritazione appena minore a quando appare in video il volto di Vladimir Putin. Giorgia Meloni lo sa e ha voluto rassicurare Kiev. «Auguro pace a tutte le famiglie italiane, anche a chi non ci sostiene, ma la nostra – argomenta Zelenski – è una grande tragedia che va capita. Voglio che vengano qui a vedere con i propri occhi la scia di sangue che hanno lasciato i russi». Il blackout causato proprio dal danneggiamento delle centrali elettriche, provoca fra l’altro l’interruzione della traduzione simultanea trasmessa attraverso gli auricolari.

Un’occasione abilmente colta da Meloni per evocare una celebre conferenza stampa di Mario Draghi, quando in un inglese fluente l’allora premier si rese disponibile a tradurre in italiano le domande di un giornalista straniero. E lo stesso fa la premier traducendo in inglese per Zelensky il quesito di un giornalista italiano. Ma non è questo che la premier è venuta a mostrare.

Poche ore prima si era recata a Bucha e Irpin, secondo il rituale “tour dei presidenti”, i quali, avendo a disposizione poche ore, non possono allontanarsi troppo dalla capitale. Sui luoghi dei lutti che hanno mostrato al mondo il volto criminale dell’aggressione russa, Meloni si commuove. E a Zelensky promette vicinanza non solo armata, ma sostegno politico, economico e culturale. Nel corso degli incontri bilaterali a porte chiuse sono state stabilite intese di cooperazione finalizzate all’assistenza e alla ricostruzione. Da mesi Confindustria ha aperto un ufficio a Kiev nella sede dell’ambasciata italiana. E il capo del governo italiano si è spinta a offrire un dialogo in vista dell’Expo 2030: «Penso che sarebbe un segnale importante che l’Expo tornasse in Europa. Roma e Odessa sono entrambe candidate, dobbiamo provare a ragionare su come lavorare insieme, sarebbe un bel segnale europeo». Zelensky ha annuito soddisfatto, ma non ha aggiunto altro. In tempo di guerra è prematuro parlare di affari in grande stile. Ma sa che la strada della pace, prima o poi, dovrà misurarsi anche con la diplomazia del business.