L'Italia e la Nato. Meloni ai leader: anche le truppe fanno «bilancio»
«L’aumento al 2% della spesa per la Difesa già nella prossima manovra? È prematuro dirlo...». Mette le mani avanti, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. E, al termine del vertice di Vilnius, pur mantenendo l’Italia allineata all’obiettivo additato dalla Nato (un tetto minimo del Pil in spese militari, per gli Stati che ne fanno parte), manifesta cautela sul come e sul quando, con valutazioni che suonano come una sorta di adelante con juicio. «Crediamo che, nell’impegno sul 2% di spesa dedicata alla difesa in rapporto al Pil, si debba tenere conto della progressione, della sostenibilità, della responsabilità e della partecipazione al funzionamento dell’Alleanza che ogni alleato assume - argomenta la premier durante la conferenza stampa di bilancio della partecipazione italiana al summit-. Lo dico da premier di una nazione che con quasi 3mila uomini è il principale contributore in termini di presenza nelle missioni di pace».
L'obiettivo del 2%
Al momento, dati alla mano, l’Italia è al 24esimo posto tra gli alleati della Nato nel rapporto tra spese per la Difesa e Pil (con l’1,46%), mentre in testa c’è la Polonia (3,9%), seguita dagli Usa (3,4%) e da Grecia, Estonia, Lituania, Finlandia, Romania, Ungheria, Lettonia, Regno Unito, Slovacchia, tutti sopra quota 2%. La Francia è all’1,9%, la Germania all’1,57. Dopo l’Italia, invece, ci sono fra gli altri Canada, Slovenia, Turchia, Spagna, Belgio e Lussemburgo. Ma il conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina ha accelerato ogni ragionamento a riguardo, in seno all’Alleanza: «La nostra libertà ha un costo. Quello che si investe in difesa torna dieci volte tanto in termini di difesa dei nostri interessi nazionali - considera ancora Meloni -. Chi dice che dobbiamo smobilitare e denuncia certe ingerenze, deve capire che le due cose non stanno insieme». Meloni ribadisce insomma di credere «nell’impegno sul 2% di spesa dedicata alla difesa in rapporto al Pil», ma dalle sue argomentazioni si desume l’intento di arrivarci attraverso un percorso graduale, senza ipotecare le scelte di finanza pubblica dell’immediato futuro, tanto meno in una fase di confronto con l’Unione europea sul Pnrr.
Attenzione alla sponda Sud
Nel corso del vertice, la premier italiana ha predicato «coesione» in seno all’Alleanza atlantica, la cui «unità» insieme alla «determinazione a difendere i valori e le regole del diritto internazionale» restano uno scudo prezioso, «senza le quali nessuno di noi sarebbe al sicuro». Da Vilnius, dove l’hanno accompagnata i ministri di Esteri e Difesa Antonio Tajani e Guido Crosetto, Meloni riporta a Roma la consapevolezza di aver cucito qualche altra maglia nella rete internazionale di rapporti diplomatici e politici che il governo sta tessendo. «L’Italia sostiene gli adattamenti in corso della Nato. Abbiamo rivendicato il nostro ruolo nell’Alleanza e l’attenzione che va data al fianco orientale, ma chiesto anche maggiore attenzione al fianco sud».
Il viaggio a Washington
Fra due settimane, il 27 luglio, Meloni sarà a Washington in risposta all’invito del presidente Usa Joe Biden, col quale affronterà anche i temi della sicurezza nel Mediterraneo e della cooperazione cogli Stati africani nella gestione dei flussi migratori. Nel frattempo, la premier si «congratula» con il segretario della Nato Jens Stoltenberg (riconfermato per un anno) per «la sua leadership ferma ed equilibrata», E oltre ai bilaterali coi primi ministri del Regno Unito e della Lituania, ritiene foriero di sviluppi sul piano economico e strategico (riguardo al Mediterraneo e ai flussi migratori) il faccia a faccia di martedì col presidente della Turchia Erdogan.
Il dossier Ucraina
Nel summit, prosegue Meloni, «abbiamo inaugurato il nuovo Consiglio Nato-Ucraina e continuiamo a lavorare per un progetto negoziale che porti a una pace giusta e duratura». La premier ribadisce il sostegno italiano all’ingresso di Kiev nella Nato, ma anche qui senza fretta: «Sono stati fatti passi in avanti importanti, è stato snellito il percorso di adesione, pur ribadendo - conclude - che l’Ucraina entrerà nella Nato quando le condizioni lo permetteranno».