Il fenomeno. Nozze forzate, Londra svela la piaga: una legge alzerà l’età a 18 anni
Con un flash mob messo in scena alla stazione di Birmingham sulle note della canzone di Bruno Mars «Ti sposerò», la polizia delle West Midlands provò nel 2016 a rompere il muro di omertà dietro cui si nascondeva nel Regno Unito il fenomeno dei matrimoni forzati. Cinque anni dopo, il messaggio di quella vivace trovata, «non sposarti se non vuoi, chi ti costringe a farlo commette un crimine», torna a scuotere l’opinione pubblica. Il Parlamento, venerdì, ha approvato in seconda (non ultima) lettura una proposta di legge che, portando da 16 a 18 anni l’età minima per le nozze, con o senza il consenso dei genitori, intende contrastare il problema scoraggiando anche le unioni contratte all’estero.
Secondo un rapporto, curato da Ministero degli Esteri e degli Interni, le segnalazioni di possibili casi di matrimonio forzato registrate nel 2020 nel Regno Unito sono state almeno 750. Di queste, il 26% ha riguardato minorenni (anche di sesso maschile), il 15% bambini con meno di 15 anni. Si tratta in gran parte di cittadini britannici (o con doppia nazionalità), residenti a Londra o nelle Midlands, legati culturalmente a Paesi – come Pakistan, Bangladesh, India, Afghanistan e Somalia – dove di «spose bambine» se ne contano moltissime. La maggior parte delle segnalazioni ha riguardato infatti persone in procinto di partire per contrarre un matrimonio Oltreoceano e poi tornare. Le limitazioni ai viaggi imposte durante la pandemia hanno inflitto una consistente battuta di arresto al fenomeno: nel 2019 le segnalazioni superavano quota 1.350. I dati, avvertono le Ong, descrivono però solo la punta di un iceberg visto che non ci sono statistiche sui casi reali che potrebbero essere fino a 8mila all’anno. Il provvedimento del deputato conservatore Pauline Latham promosso venerdì alla fase successiva del percorso legislativo con il voto a Westminster segnerebbe, nel caso in cui diventasse legge, un passo importante perché renderebbe illegali i matrimoni al di sotto dei 18 anni contratti sia in Galles e Inghilterra sia all’estero, allineando la normativa locale a quella internazionale. La proposta farebbe inoltre della coercizione esercitata da genitori, parenti e conoscenti un reato punibile con il carcere fino a 7 anni.
Le associazioni accolgono con favore la mossa del Parlamento. «È un passo in avanti enorme – ha sottolineato Natasha Rattu, direttore di Karma Nirvana – che finora non eravamo riusciti a ottenere». Ma potrebbe non bastare a sradicare il fenomeno perché le famiglie che perseguono il progetto di un’unione forzata per i propri figli spesso non le registrano. Il deterrente formale, in questi casi, non funziona. La disperazione di ragazze costrette a sposare uomini sconosciuti, a loro promessi già a 5 anni, ripudiate per disonore dalle stesse madri se osano resistenza, torna periodicamente a intristire la cronaca. Uno dei casi più dolorosi è quello di Robina Sanghera, indiana residente a Derby, che anni fa si è data fuoco con l’olio di una lampada per fuggire alla prigione di un matrimonio non desiderato. Chi può capire la portata del dramma è la pachistana Malala Yousafzai, premio Nobel per la Pace nel 2014, figlia di una coppia «combinata». Suo padre, ha raccontato in un’intervista, riceve per lei regolari proposte di fidanzamento ma la 25enne, rifugiata a Birmingham, ha fatto da sola e dieci0 giorni fa ha sposato il giocatore di cricket Asser Malik. Per amore.