Beirut. Devastato il quartiere di Hezbollah. L'obiettivo era il leader Nasrallah
Palazzi distrutti a Beirut dopo il raid israeliano
Poco dopo le 18 il centro di Haifa si è svuotato, quasi d’improvviso. La tv ha appena mostrato il portavoce militare, Daniel Hagari, annunciare un «raid massiccio» sul comando centrale di Hezbollah a Beirut. La notizia fa precipitare nel silenzio il principale porto di Israele nonché “capitale del nord”. Nemmeno la pioggia mattutina di razzi scagliato dai miliziani sciiti l’aveva lasciata così attonita. Haifa – e l’intera Israele – si domandano quali saranno le conseguenze. Non è facile prevederle. Le stesse forze armate temono una «rappresaglia esemplare». Nessuno si aspettava che l’esercito israeliano scagliasse l’attacco più potente in undici mesi di conflitto proprio mentre il premier, Benjamin Netanyahu, si trovava a New York per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu. Quest'ultimo avrebbe deciso mercoledì, prima della partenza. Poi, ieri, dalla camera dell’hotel di New York avrebbe dato l’ok finale prima di recarsi al Palazzo di vetro.
Così, è partita l’operazione. Una squadra di caccia ha scagliato una pioggia di fuoco – bombe da una tonnellata ad alto potenziale – sul quartier generale del gruppo armato, decisa a eliminarne la guida, lo sceicco Hassan Nasrallah. Gran parte del quartiere intorno, Dahiyeh, nella parte meridionale di Beirut, è stato distrutto. Almeno sei edifici – per al-Jazeera sono nove – sono crollati aprendo un enorme cratere sull’asfalto. Il primo bilancio parla di almeno due morti e 76 feriti, ma si tratta solo di una stima iniziale. Tante persone, come ha dichiarato il ministero della Sanità libanese, sono intrappolati sotto le macerie. Il premier, Najib Mikati, parla di molte vittime. E accusa il governo israeliano di portare avanti una «guerra di sterminio» in Libano. Tra i morti del raid, secondo fonti iniziali, non ci sarebbe il principale obiettivo: Nasrallah. Fonti Usa sostengono che quest'ultimo, al momento dell’attacco, si trovasse in città insieme ai due vice. Gli israeliani sono convinti che fosse nel quartier generale di Dahiyeh e, in quel caso, non avrebbe avuto scampo. Secondo alcuni report citati da Channel 12, Zainab Nasrallah, figlia del segretario generale di Hezbollah, è stata uccisa nell'attacco israeliano. Le vittime dell'attacco potrebbero essere «centinaia», compresi molti civili. Lo si apprende da qualificate fonti della sicurezza che stanno seguendo l'evolversi della situazione. Le operazioni di soccorso, sottolineano inoltre le fonti, sono rese ancora più complicate dell'enorme quantitativo di macerie provocato dal bombardamento israeliano.
Il portavoce dell'esercito israeliano Daniel Hagari ha rilasciato una dichiarazione spiegando che l'Idf sta ancora esaminando i risultati del suo attacco al quartier generale di Hezbollah a Beirut, dove si ritiene ci fosse anche il leader dell'organizzazione sciita fedele a Teheran Hassan Nasrallah. Lo stesso portavoce non ha dato indicazioni sulla sorte di Nasrallah. «Daremo aggiornamenti non appena saremo in grado di farlo. Il nostro attacco è stato molto preciso», ha detto Hagari affermando che per il momento non ci sono cambiamenti nelle linee di sicurezza per i civili israeliani.
L’attacco ha scosso la comunità internazionale, riunita al Palazzo di Vetro, dove si sperava di poter far ripartire le trattative per un cessate il fuoco. Appena informato, Netanyahu ha lasciato in tutta fretta la conferenza stampa e ha anticipato il ritorno alla tarda serata di ieri. Il segretario generale dell’Onu, António Guterres, non ha nascosto la propria apprensione. E ha rivolto un appello a «evitare la guerra regionale a tutti i costi». Washington ha precisato di essere stata informata a cose fatte. "Gli Usa non hanno partecipato né sapevano", ha affermato il presidente Joe Bien. Secondo la ricostruzione del Pentagono, il suo responsabile, Lloyd Austin avrebbe ricevuto la telefonata del ministro della Difesa Yoav Gallant quando l’operazione era già cominciata. Addirittura, in base alle affermazioni di fonti ben informate, i caccia sarebbero stati già in volo. Nessun avviso preventivo, dunque, dal sempre più recalcitrante alleato che, ancora una volta, mette Biden in una posizione scomoda a poco più di un mese dalle elezioni. Oltrettutto, l’esercito libanese ha dovuto allestire un cordone protettivo intorno all’ambasciata Usa nella capitale per evitare aggressioni.
L’Unione Europea, per bocca dell’alto rappresentante Josep Borrell, ha ventilato il rischio di una «nuova Gaza a Nord», mentre il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha invitato i connazionali a lasciare il Paese dei cedri. Hezbollah, da parte sua, ha garantito l’impegno a «proseguire nella resistenza» e per tutta la notte ha martellato le comunità israeliane a ridosso del confine. Di certo, però, il raid sul comando centrale rappresenta un duro colpo per l’organizzazione, già “accecata” dalla raffica di attacchi che hanno trasformato i cercapersona in bombe. È, però, l’Iran – di cui il gruppo armato è emanazione – la vera incognita. La Guida suprema ha convocato una riunione d'urgenza del Consiglio di sicurezza nazionale mentre vari esponenti governativi hanno tuonato contro Israele e minacciato "conseguenze". Come fatto finora, Teheran cercherà di mantenere la tensione entro livelli contenuti o, secondo quanto affermato dalla propria ambasciata a Beirut, l’incursione su Dahayeh «cambia le regole del gioco» richiedendo «una punizione appropriata». Per Haifa – e Israele – quella di ieri è stata una notte di veglia. L’alba per il Medio Oriente non sembra imminente.