INDIA. Sotto esame il processo ai marò Terzi: la giurisdizione è italiana
Il codice penale indiano «non trova applicazione» nella vicenda dei due marò italiani, perché «l'incidente è avvenuto fuori dalla zona in cui l'India può esercitare una sovranità diretta». Queste le parole di Harish Salve, il legale di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, coinvolti il 15 febbraio in un incidente in cui morirono due pescatori. È il giorno in cui la Corte Suprema indiana si ritrova ad esaminare il ricorso presentato dall'Italia, per invalidare il processo istruito nello Stato del Kentala. I due italiani, spiega l'avvocato, sono «veri e propri delegati a garantire la sicurezza dell'unità, che in caso di emergenza non erano neppure sottoposti all'autorità del comandante di bordo». E lo scontro fra la petroliera Enrica Lexie e il peschereccio St.Anthony, prosegue Salve, è avvenuto a 20 miglia nautiche dalla costa, e quindi non in acque territoriali indiane, ma in quelle contigue.L'avvio della fase dibattimentale alla Corte Suprema di New Delhi, commenta il ministro degli Esteri Giulio Terzi, «è un passaggio importante per il caso dei nostri due militari, perchè riguarda l'aspetto fondamentale della vicenda, cioè l'accertamento della competenza a giudicare i nostri uomini». La posizione del Governo italiano è chiara, ribadisce il titolare della Farnesina: «La giurisdizione esclusiva è italiana, in quanto i fatti sono avvenuti fuori dalle acque territoriali indiane, su una nave battente bandiera italiana, su cui erano impegnati militari italiani che agivano come organi dello Stato, e quindi immuni dalla giurisdizione di altri Stati».