Africa. Il Mali è pronto a riesplodere: 200 vittime in una settimana
Le tribù del nord hanno ripreso le armi contro il governo
La polveriera del Mali è prossima a un’altra esplosione. Corruzione nel governo transitorio, regolari attacchi da parte di militanti jihadisti e separatisti, e un pericoloso isolamento internazionale: sono tutti elementi che portano nella stessa direzione. Ieri è stata inoltre confermata la notizia di altri due soldati morti e 20 feriti nell’ennesimo attacco armato. Una settimana fa 64 vittime, tra le quali 49 civili, sono state registrate nella regione settentrionale di Gao e attribuite a «gruppi qaedisti». Alcuni analisti si chiedono quanto il colonnello Assimi Goita, quarantenne, potrà ancora resistere alla guida del Paese. «Ci consideriamo in tempo di guerra con la giunta golpista al potere – hanno dichiarato i ribelli del Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma), un'alleanza composta principalmente da tuareg del nord –. Invitiamo tutti gli abitanti dell’Azawad a contribuire allo sforzo bellico». E le violenze non mancano: l'esercito ha riferito che giovedì «un gruppo di jihadisti ha teso due imboscate a Gossi», una località della regione settentrionale di Timbuctu, con altre due vittime. Il Gruppo di sostegno all'Islam e ai Musulmani (Gsim), legato ad al-Qaeda, ha rivendicato l’operazione e ha parlato di «molte vittime dell’esercito». Numerose milizie armate, sia jihadiste che separatiste, stanno sfruttando un periodo di estrema fragilità per far crollare la giunta golpista. A inizio settimana, il Cma ha invece rivendicato l'occupazione di Bourem, uno sperduto villaggio della regione di Gao. Le dichiarazioni e informazioni che provengono dal nord del vasto territorio maliano, grande quasi due volte la Francia, sono molto confuse. Anche la situazione nella storica città di Timbuctu è poco chiara.
Qualche giorno fa un aereo è stato attaccato mentre atterrava sulla pista polverosa di quello che per secoli è stato un crocevia di culture e commerci. Oggi, dieci anni dopo la prima occupazione, Timbuctu è ancora teatro di violenze e scontri. «I gruppi terroristi cercano di controllare il territorio nelle aree recentemente liberate dalla missione delle Nazioni unite (Minusma) – spiegano gli esperti –. Bourem si trova a soli 90 chilometri da Gao».
E tirando le somme dell’ultima settimana di violenze, il bilancio sarebbe di 200 i morti. I mercenari della Wagner che assistono i maliani sono in difficoltà dopo la morte del loro leader, Evgenij Prigozhin.
La Francia, anch’essa sempre più in difficoltà, è stata accusata di finanziare la ribellione tuareg in Mali (per il contro-golpe) e preparare un intervento militare nel vicino Niger. E il timore è che si sia solo all’inizio.
L'ambasciatore francese in Niger ostaggio dei golpisti
Con un sincronismo molto eloquente, due dei Paesi saheliani un tempo fedeli alleati di Parigi hanno lanciato ieri nuovi pesanti guanti di sfida all’ex madrepatria dell’epoca coloniale. Nel Niger sempre più saldamente in mano alla giunta golpista che il 26 luglio ha rovesciato il presidente Mohamed Bazoum, l’ambasciatore 64enne Sylvain Itté, che rappresenta ancora Parigi a Niamey, «è stato letteralmente preso in ostaggio» dai militari, secondo quanto ha riferito nel pomeriggio lo stesso presidente francese Emmanuel Macron. Un clamoroso “schiaffo” diplomatico aggravato pure dai modi impiegati.
Il presidente francese Emmanuel Macron ha denunciato il "sequestro" dell'ambasciatore in Niger - REUTERS
Trattenuto nell’ambasciata, il diplomatico «mangia con razioni militari», dato che i sequestratori «hanno impedito la consegna di cibo», ha specificato Macron. Con ingiunzioni intimidatorie e indirizzando a fine agosto un ultimatum alla Francia, i golpisti avevano già reclamato la partenza dell’ambasciatore. Ma Parigi ha sempre rifiutato di accondiscendere, non considerando legittimo il nuovo esecutivo insediato a Niamey. Macron aveva replicato così: «Farò quello che decideremo insieme al presidente Bazoum, perché è lui la legittima autorità e parlo con lui tutti i giorni».
Già drammaticamente deteriorate da settimane, le relazioni fra Parigi e Niamey sembrano dunque ormai giunte nelle ultime ore a un punto d’incandescenza. Mercoledì, dopo essere stato tenuto in ostaggio dai golpisti per una settimana, era stato invece rilasciato Stéphane Jullien, consigliere dei francesi residenti all’estero. Fra le altre richieste dei golpisti, spicca pure il ritorno in Francia dei circa 1.500 soldati transalpini ancora a Niamey, nella più importante base militare francese in Africa.
Intanto, nel vicino Burkina Faso, la giunta militare insediata a Ouagadougou ha reclamato ieri la partenza di Emmanuel Pasquier, addetto diplomatico per le questioni di Difesa, accusandolo di «attività sovversive». L’esecutivo ha appena ritirato l’accredito al diplomatico e a tutto il personale dell’Ufficio militare nell’ambasciata di Francia, lanciando un ultimatum di due settimane per lasciare il Paese.