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Casa Bianca. Voto Usa, perché il voto dei cattolici potrà essere «decisivo»

Elena Molinari, New York lunedì 28 ottobre 2024

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Con presenze a “colazioni di preghiera” e riferimenti frequenti alla loro fede e ai loro valori, nello sprint finale pre-voto i due candidati alla Casa Bianca corteggiano tenacemente il voto dei cristiani americani, in particolare cattolici, che quest’anno potrebbero essere «decisivi per l’esito delle elezioni». Non sarebbe la prima volta, perché negli Stati Uniti il voto dei fedeli a Roma conta. Prima di tutto per la sua dimensione, rappresentando quasi un quarto (il 23%) della popolazione statunitense. Ma anche perché i cattolici hanno la particolarità di fare da barometro delle tendenze dell’elettorato generale: da almeno sessant’anni, infatti, l’aspirante presidente che li conquista trionfa.

Le preferenze dei cattolici hanno cominciato a pesare nel 1960, quando i democratici nominarono John F. Kennedy nonostante i forti sentimenti anti-cattolici vivi all’epoca nel Paese e vinsero la loro scommessa: Kennedy vinse la presidenza, grazie anche a otto voti cattolici su dieci. Negli anni successivi gli sforzi repubblicani per conquistare i cattolici, che per alcune elezioni rimasero fedeli ai democratici, si moltiplicarono, tanto che nel 1980 Ronald Reagan strappò il 47% del consenso dei cattolici contro il 43% di Jimmy Carter. Quattro anni dopo aumentò la sua quota al 56%. Ma, in media, i cattolici americani sono rimasti un blocco tendenzialmente più vicino ai dem, intesi come partito degli operai, dei sindacati, degli immigrati e delle minoranze. Questa identificazione di valori si è erosa nel tempo, soprattutto a partire dal 2000, mentre cambiava il profilo demografico dei cattolici Usa e il loro voto diventava meno prevedibile.

I sondaggi di ottobre mostrano
che Trump si assicura più della meta
del voto cattolico in cinque dei sette Stati indecisi,
mentre Harris mantiene un leggero vantaggio
in Pennsylvania e un margine di 6 punti in Nevada

Nel 2016, Donald Trump ha conquistato il 50% dei cattolici rispetto al 46% di Hillary Clinton, strappando ai democratici la Casa Bianca. La situazione si è ribaltata quattro anni dopo, quando Joe Biden ha intascato il consenso del 52% dei cattolici, segno che avere un candidato che si definisce cattolico in uno dei due ticket presidenziali, per quanto criticabile sia la sua fedeltà alla dottrina della Chiesa, attira un certo numero di fedeli.

Non a caso, il sostegno dem all’interno del mondo cattolico americano delle ultime presidenziali si è incrinato quando l’anziano Comander in chief si è ritirato dalla competizione per l’ufficio ovale, passando il testimone alla sua vice Kamala Harris e lasciando al ticket repubblicano l’unico cattolico in corsa, con J.D. Vance in lizza per la vicepresidenza come numero due di Trump. Il vantaggio del tycoon è aumentato dopo la convention democratica, durante la quale Harris ha evidenziato il suo forte sostegno per l’aborto, facendo dell’approvazione di una legge federale a favore dell’interruzione di gravidanza un punto chiave del suo programma.

I sondaggi di ottobre mostrano dunque che Trump si assicura più della meta del voto cattolico in cinque dei sette Stati indecisi, mentre Harris mantiene un leggero vantaggio in Pennsylvania e un margine di 6 punti in Nevada. Un’altra rilevazione, del Pew Research Center, evidenzia però la principale divisione all’interno del blocco cattolico, che si trova spaccato secondo linee etniche. Il 61% dei cattolici bianchi, che sono la maggioranza negli Usa, afferma di voler votare per Trump. Invece il 64% dei cattolici di origine sudamericana, i latinos, sostiene Harris. Questi però sono numericamente in minoranza, pari solo al 37% dei cattolici Usa, e sono anche meno propensi a recarsi alle urne.

I motivi principali del leggero vantaggio del tycoon sono due. Uno deriva dalle politiche in difesa della vita che ha sostenuto durante la sua prima Amministrazione. Particolarmente apprezzata dai cattolici è stata la nomina di tre giudici conservatori alla Corte Suprema, due dei quali (Brett Kavanaugh e Amy Coney Barrett) sono apertamente cattolici, mentre il terzo (Neil Gorsuch) è cresciuto cattolico. La nuova maggioranza al massimo tribunale americano ha portato al ribaltamento del precedente che da mezzo secolo legalizzava l’aborto a livello federale e a numerose sentenze a favore della libertà religiosa.

Il secondo punto che sta aiutando Trump a farsi strada fra i fedeli al Papa è la sua forte opposizione all’immigrazione. La maggior parte dei cattolici è d’accordo con le sue proposte di costruire un muro lungo il confine con il Messico e di deportare in massa tutti gli immigrati senza documenti. Su quest’ultimo punto, dunque, i fedeli Usa sono sempre meno allineati con la dottrina della Chiesa: solo il 55% dei cattolici americani ritiene infatti importante l’insegnamento del Papa in materia. Un calo rispetto a quattro anni fa e un punto in più a favore di Trump.

Ma, come il resto dell’elettorato, il voto cattolico resta sostanzialmente in bilico e ogni gesto che possa attirarne una piccola percentuale è importante. Trump ne sembra particolarmente consapevole, avendo partecipato di recente alla tradizionale cena per beneficienza (“Al Smith”) organizzata dalla Caritas e approfittando di ogni possibilità per ostentare la sua amicizia con l’arcivescovo di New York Timothy Dolan.

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