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IL CASO. Mafia, è polemica sul «papello»

sabato 17 ottobre 2009
I “desiderata” della mafia adesso sono lì, fotocopiati, nero su bianco, con i nomi del ministro dell’Interno in carica nel 1992, Nicola Mancino, e dell’ex ministro della Difesa, Virginio Rognoni, consegnati dal figlio del sindaco mafioso, Vito Ciancimino, ai pm di Palermo. Punto di partenza per nuove indagini sulla stagione delle stragi del 1992-’93. Rognoni nega di aver mai saputo nulla e il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, ribadisce la sua posizione: «Se questo cosiddetto “papello” con le richieste della mafia per alleggerire l’offensiva contro lo Stato è stato consegnato, tramite Vito Ciancimino, al colonnello Mori, è quest’ultimo che deve dire a chi l’ha consegnato, sempre che sia stato consegnato a qualcuno che aveva responsabilità istituzionali politiche o dei vertici dell’ordine pubblico o dei servizi». Mancino continua a sostenere non solo di non aver mai ricevuto questo fascicolo, ma anche di non essere mai stato a conoscenza della sua stessa esistenza. «Inoltre – aggiunge – è da notare come nessuna di quelle richieste fu accolta, neppure inavvertitamente. Anzi, si è rafforzata la scelta di contrastare la mafia».Ma il giorno dopo la conferma dell’esistenza di quei dodici punti elencati dal boss corleonese Totò Riina, “emendati” dallo stesso Ciancimino perché sotto alcuni aspetti improponibili, si scatenano le reazioni del mondo politico. L’eurodeputato Rita Borsellino, sorella del magistrato ucciso nella strage di via D’Amelio, sottolinea che «è la conferma di tutto ciò che fino ad adesso è stata considerata solo un’ipotesi, cioè che la trattativa è esistita. È una conferma importante da cui adesso partirà una serie di approfondimenti d’indagine su cose che si basavano solo sulle dichiarazioni dei pentiti».Anche Luciano Violante ricorda qualcosa e parla a Radio Uno. «A quell’epoca – dice l’ex presidente della Commissione Antimafia e della Camera – non sospettavo assolutamente che si trattasse di una trattativa». Illuminante, per il ricordo, la lettura di un pezzo del Corriere su Ciancimino. «Il colonnello Mori – ripete – mi venne a trovare e mi disse che Vito Ciancimino intendeva parlarmi riservatamente. Io dissi che non accettavo colloqui riservati e che Ciancimino, se voleva, poteva chiedere di essere ascoltato dalla Commissione Antimafia».Fiduciosa Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili: «Finalmente ci è stata resa giustizia visto che da 16 anni andiamo usando la parola papello davanti allo scetticismo generale». «Da anni Salvatore Borsellino ed io denunciamo ciò che solo oggi il cosiddetto papello sembrerebbe confermare sui rapporti tra mafia e pezzi autorevoli della politica e delle istituzioni», dichiara il deputato europeo dell’IdV e presidente dell’Associazione nazionale familiari vittime di mafia, Sonia Alfano. E il vicepresidente della commissione Antimafia, Fabio Granata, chiede al presidente Giuseppe Pisanu di convocare la ex responsabile degli affari penali del ministero della Giustizia, Liliana Ferraro, l’ex guardasigilli Claudio Martelli e Nicola Mancino.Il generale Mori: «Risponderò in aula». Sui misteri del papello "inizierò a rispondere martedì prossimo al processo in corso a Palermo". Così intanto il generale Mario Mori, ex comandante del Ros ed ex direttore del vecchio Sisde. L'alto ufficiale non vuole fare anticipazioni su cosa dirà ai giudici di Palermo. Insomma, l'udienza del processo sulla mancata cattura del boss di Cosa Nostra Bernardo Provenzano (che vede Mori imputato di favoreggiamento), si preannuncia molto calda e con nuovi colpi di scena. All'udienza sono stati convocati come testimoni, tra l'altro, Luciano Violante e l'altro figlio di Don Vito, Giovannio Cancimino. Mori annuncia "risponderò in aula". Il generale è già stato assolto nel processo sulla mancata perquisizione del covo di Totò Riina.