Premio Sakharov. Ledezma: «Europa non lasciare solo il Venezuela»
L’emiciclo dell’Europarlamento di Strasburgo accoglierà questa mattina la cerimonia annuale di consegna del prestigioso Premio Sakharov per la libertà di pensiero, andato ai rappresentanti dell’opposizione democratica venezuelana, a cominciare dai prigionieri politici i cui nomi sono stati resi noti dal Foro Penal Venezolano. Antonio Ledezma farà parte dei premiati che ritireranno fisicamente il premio, mentre altri saranno rappresentati da familiari. Per l’Europarlamento, il riconoscimento dovrà divenire «un chiaro incentivo per un ritorno delVenezuela su un cammino democratico». Nella terna dei finalisti del Sakharov, figurano pure la guatemalteca Aura Lolita Chávez Ixcaquic e il giornalista Dawit Isaak, svedese ed eritreo, entrambi impegnati sul fronte delle libertà fondamentali.
«In questa fase drammatica, tutto ciò che la comunità internazionale potrà fare per il Venezuela è benvenuto e necessario. E penso che il sostegno dell’Italia sia fondamentale, poiché una delle comunità più grandi in Venezuela è proprio quella italiana. Nonostante la lontananza geografica, i nostri Paesi restano vicini con l’anima e il cuore ». Figlio di un italiano che giunse in Venezuela, Antonio Ledezma, ex sindaco di Caracas, tiene a sottolineare la miriade di legami che con il nostro Paese continua ad intrattenere il popolo venezuelano sottoposto ad immani sofferenze quotidiane, all’ombra del regime di Nicolás Maduro e in mezzo alle altre minacce che caratterizzano la crisi. Come rappresentante eminente dell’opposizione democratica, Ledezma è oggi a Strasburgo fra i premiati del prestigioso Premio Sakharov per la libertà del pensiero, assegnato dal Parlamento Europeo. La presenza in Francia di Ledezma non era a priori per nulla scontata. Ma lo scorso 18 novembre, l’ex sindaco ha potuto raggiungere l’Europa sottraendosi agli arresti domiciliari scattati proprio per il suo ruolo di oppositore.
Che cosa significa per lei questo premio?
È un motivo d’orgoglio, certo, ma anche il simbolo di una responsabilità sempre più gravosa. Dobbiamo questo premio alle lotte del popolo venezuelano e questo ci riempie d’orgoglio. Al contempo, il premio evoca una grande figura universale che dedicò la sua vita ai diritti fondamentali, come la pace e il progresso.
Con questo riconoscimento, l’opposizione sarà più forte?
È un modo per stimolare ancor più i nostri sforzi, ma lo percepisco pure come un appello che deve spingerci ad agire in modo più efficace. Oggi, dobbiamo riflettere su ciò che è stato fatto di buono, ma anche sugli errori e su ciò che si deve migliorare attraverso una vera riorganizzazione.
Perché l’opposizione venezuelana non riesce più ad essere unita?
Come gli altri esseri umani, siamo inclini a commettere errori. Ma la cosa peggiore è che in tal modo, molti venezuelani si sono disillusi. Credo che l’autocritica sia indispensabile per rafforzare la nostra autorità morale e liberare un popolo che spera ancora in un grande cambiamento per il Venezuela. Fra gli errori, c’è stato quello di anteporre talvolta degli obiettivi personali al grande progetto nazionale di uscire dalla dittatura. E anche l’errore di non aver pienamente assecondato quanto ci è stato chiesto dalla gente. Ciò ha anche permesso al governo di guadagnare tempo.
Cosa la preoccupa di più nel Venezuela di oggi?
I venezuelani vivono in un Paese incredibilmente ricco, ma stanno sperimentando la malnutrizione. Mi preoccupa il rischio che s’instauri definitivamente una narco-tirannia, con la scomparsa dei residui meccanismi democratici.
Cosa intende fare nei prossimi mesi?
Viaggiare per parlare a tutti della tragedia umanitaria venezuelana, cercando in tal modo di sostenere la lotta del mio popolo. Il mondo deve sapere che in Venezuela ope- ra una dittatura che calpesta il diritto alla libertà di pensiero, d’espressione, di proprietà, commettendo pure frodi elettorali e impiegando mezzi bellici per minacciare, estorcere, ridurre al silenzio. È un viaggio che toccherà pure l’Italia, anche per via delle mie origini familiari. Non mi limiterò alle grandi città, perché so bene che ci sono tanti italiani di ogni regione sensibili alla storia del popolo venezuelano, da Milano alla Sicilia, passando per Assisi.
Quale deve essere l’obiettivo dell’opposizione nel 2018?
Dobbiamo proseguire nella battaglia per una transizione democratica caratterizzata da un processo elettorale davvero libero, trasparente e affidabile. In proposito, siamo qui al Parlamento Europeo anche per chiedere che la comunità internazionale svolga un ruolo importante in questo processo. Il Parlamento Europeo deve decidere l’embargo sulle armi, in modo da non fornire strumenti di repressione che possano essere impiegati dal regime. Occorre amplificare la strada delle sanzioni applicate da Stati Uniti e Canada. Non contro il Venezuela, ma contro degli individui. Al contempo, stiamo facendo pressione affinché possa aprirsi un canale umanitario per far giungere derrate e medicine, mitigando la crisi umanitaria che stiamo vivendo.
Sente ormai l’Europa più vicina?
Sì, avvertiamo una reazione importante e positiva per i venezuelani nella comunità europea. Fra i segni che ci hanno incoraggiato, figura ad esempio la risoluzione dell’Europarlamento in favore della lotta civile del popolo venezuelano. Lo stesso vale per le dichiarazioni provenienti dai Parlamenti in Italia, Spagna, Germania ed altri Paesi europei. Penso anche a tutti i venezuelani che trovano rifugio in Europa.
È realistico sperare in un epilogo positivo a breve termine?
Resta la nostra più ferma speranza. Uscire finalmente da questa crisi è una necessità assoluta.