Luca e l'impegno nel cuore dell'Africa. «Diplomatico sempre vicino agli ultimi»
L’educare è questione di cuore. La frase che accoglie all’ingresso dell’oratorio San Giorgio di Limbiate, sotto la quale campeggiano i nomi di don Bosco e don Gnocchi, racconta le solide radici di Luca Attanasio, l’ambasciatore giovane (43 anni) e senza orpelli. Che qui, nell’oratorio del paesone in provincia di Monza e Brianza oggi in lutto per uno dei suoi figli migliori, è cresciuto, ha fatto volontariato con anziani e disabili. Qui ha deciso di dedicarsi all’Africa e agli ultimi, rappresentando l’Italia come diplomatico con una visione nuova.
«Luca era una luce che viene nella nebbia e nella penombra, che illumina e riscalda». Don Angelo Gornati, ex parroco di Limbiate, ha conosciuto il futuro ambasciatore 30 anni fa e non lo ha mai perso di vista. Si fa forza per vincere il dolore. Ha celebrato lui il matrimonio con Zaki, di fede islamica, nel 2015 dopo che la coppia si era unita con rito musulmano in Marocco. «Credo che la decisione di andare in Africa si sia definita a fine dicembre del 2005, quando aveva organizzato l’ospitalità per i giovani venuti a Milano per partecipare all’incontro ecumenico della comunità di Taizè. Se devo pensare a un’icona che lo rappresenti, è il costruttore di ponti. Era capace di cogliere la positività di ogni persona e situazione». Aveva un legame molto forte con la parrocchia, quando tornava in Italia era sempre lì, come conferma l’attuale parroco don Valerio Brambilla. «L’ho visto poco tempo fa, mi passava sempre a salutare e a vedere l’oratorio quando rientrava in Italia. Quando sono arrivato sette anni fa mi aveva accolto con grande umiltà».
Don Brambilla ha visitato ieri i genitori, distrutti dal dolore e increduli. Hanno saputo della morte di Luca dai media. La famiglia lo aveva seguito fin da ragazzo nelle sue iniziative. Anche in Africa. La passione per la diplomazia lo porta, dopo la laurea in Bocconi e un anno alla McKinsey, esperienza che normalmente apre diverse porte, a tentare due volte il concorso in diplomazia. Poi una carriera folgorante. Dopo aver ricoperto diversi ruoli all’Ambasciata d’Italia a Berna dal 2006 al 2010, il passaggio sull’altra sponda del Mediterraneo come console generale reggente a Casablanca, in Marocco fino al 2013. Rientrato nel 2013 alla Farnesina come capo segreteria della direzione generale per la mondializzazione e gli affari globali, era tornato nel 2015 in Africa come primo consigliere all’ambasciata d’Italia in Nigeria. Quindi, a settembre del 2017, l’incarico di capo missione a Kinshasa.
«Era un diplomatico bravo e moderno – ricorda Mario Giro, grande esperto d’Africa con la Comunità di Sant’Egidio e che ha incontrato Attanasio da viceministro degli Esteri – che agiva interpretando lo spirito nuovo del ministero degli Affari esteri, che comprende da qualche anno anche la cooperazione. E lui la intendeva anche in senso economico, voleva rilanciare il ruolo dell’imprenditoria italiana in Congo facendo conoscere il meglio del nostro Paese.
Al tempo stesso aveva una grande sensibilità verso i poveri. Era un vero credente ». Attento agli ultimi ma senza annegare la mentalità imprenditoriale. Pani e pesci ai deboli, insomma, ma poi canne da pesca come insegnano i missionari di cui era grande ammiratore e con i quali ha condiviso l’ultima messa a Bukavu nel sud Kivu, come racconta il saveriano Franco Bordignon, in Congo da mezzo secolo: «Lo abbiamo lasciato domenica mattina. Era una persona squisita, rara da trovare nell’ambiente diplomatico, semplice e accogliente. Era come un fratello, sembrava prediligere fra tutti il mondo dei missionari. Aveva lanciato l’idea di raccogliere le memorie dei tanti sacerdoti e laici che hanno contribuito allo sviluppo del Congo con l’obiettivo di costruire un’antologia che fungesse da memoria del nostro lavoro».
L’impegno per gli ultimi aveva preso forma anche nella Onlus Mama Sofia, fondata dalla moglie Zakia Seddiki, cooperante e madre delle loro tre bambine, di cui lui era presidente onorario. Motto: «Sognare una realtà più bella. Insieme è possibile». Il 98% degli introiti andava ai progetti. Zakia era impegnata ad aiutare 14mila bambine e bambini di strada congolesi. Per questo impegno avevano ricevuto nel 2020 il «Premio Nasiriyah per la Pace 2020». Luca forza della natura, lo ricordano gli amici increduli, capace di mettere a proprio agio l’ambasciatore tedesco in Congo come il compagno di scuola di Limbiate. Mai una parola su se stesso. Un ragazzo dell’oratorio divenuto ambasciatore, un ragazzo normale partito dalla città infinita cresciuta attorno alla metropoli, come la chiama Aldo Bonomi, che ha realizzato i propri sogni restando fedele ai propri valori. Fino all’ultimo.