L’Onu ha ammesso che forse non sarà mai in grado di determinare il bilancio finale del devastante terremoto di Haiti. Il triste conteggio è reso complicato dal totale collasso delle istituzioni di governo e dal fatto che molte persone sono ancora sotto le macerie. Le squadre di soccorso proseguono le ricerche, ma intanto gli sforzi si concentrano sulla distribuzione di cibo, acqua e medicinali. «Con il passare dei giorni ci si organizza meglio e ci sono impellenze minori che ci permettono di pianificare a lungo termine. Ma questa è un’operazione che durerà anni: ne pianifichiamo tre di presenza ad Haiti», ha detto Massimo Barra, presidente della Croce Rossa Internazionale. I pro- blemi maggiori in queste ore sono rappresentati dalle ferite e dalle infezioni: moltissimi i bambini a cui vengono amputati gli arti, ma ci sono anche casi di genitori che li riportano a casa con le ferite infette, destinando con ogni probabilità i piccoli alla morte. I chirurghi di Medici senza frontiere lavorano senza sosta in 10 sale operatorie. In aumento, con la mancanza di acqua potabile, anche i casi di tifo e febbre dengue. A nove giorni dal sisma, che ha ucciso almeno 75mila persone e lasciato un milione di senzatetto, i soccorritori sono convinti che non si possa escludere la possibilità che ci sia ancora qualcuno vivo sotto le macerie. Tra l’altro la potente replica sismica di mercoledì mattina (e ce nè sono state altre due forti anche ieri) potrebbe aver smosso le mura cadute, aprendo nuovi varchi d’azione. Ancora ieri una squadra di soccorso spagnola ha tratto in salvo una ragazzina di 14 anni rimasta sepolta sotto le macerie della sua abitazione a Port-au-Prince. La giovane, Estèfani, era stata data per morta. A trovare la ragazzina, nata con un deficit mentale, è stato uno zio che scavava tra le macerie. Le squadre di soccorso sono riuscite a liberare la ragazzina, che era in stato di choc e soffriva di tachicardia e l’hanno ricoverata in un ospedale da campo. «È la prima volta che abbiamo così tante condizioni favorevoli alla sopravvivenza. All’ottavo giorno le squadre lavoravano come al primo – ha spiegato la portavoce dell’Ufficio dell’Onu per gli affari umanitari, Elysabeth Byrs – Ci sono squadre che cominciano ad andarsene, in particolare quelle che non dispongono di equipaggiamenti pesanti, ma altre restano». Anche per il ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, è opportuno proseguire ancora per un po’ le ricerche di possibili superstiti. All’appello, tra l’altro, mancano ancora due italiani: si tratta di Antonio Sperduto, il manager italiano rimasto intrappolato sotto al Caribbean Market, e la funzionaria Onu Cecilia Corneo. È stato invece recuperato ieri a Jacmel, con un elicottero francese, Marcello Guidotti: l’uomo era rimasto di fatto isolato nella cittadina dal giorno del sisma. L’Onu ha intanto aggiornato il numero degli sfollati: sono circa 500mila nella sola Port-au-Prince, distribuiti in 447 accampamenti di fortuna. Due giorni fa il dato era di 370mila terremotati in 300 accampamenti. «Non si tratta di campi veri e propri, ma piuttosto di raggruppamenti di persone» in luoghi o edifici preservati dal sisma, spiegano dall’Onu. Proseguono intanto le distribuzioni di aiuti: ieri è stato consegnato materiale igienico a 26 mila persone a Leogane e a 24 mila persone nella capitale. La guardia costiera americana ha inoltre reso noto che il porto della capitale è stato parzialmente riaperto. Nel frattempo sono saliti a quattro gli aeroporti in grado di ricevere voli umanitari. L’Onu ha inoltre aperto ieri il «corridoio umanitario» dalla Repubblica Dominicana per trasportare beni via terra. «Siamo sopraffatti» dalla catastrofe – ha ammesso a Le Monde il nuovo capo della missione Onu ad Haiti, Edmond Multet. L’obiettivo è nutrire un milione di persone entro due settimane e due milioni di persone entro un mese». Quanto alla logistica, ha tagliato corto, è un vero e proprio «incubo».