Strappo di Londra. La Gran Bretagna apre le porte all'eutanasia, ma la strada è lunga
La deputata laburista Kim Leadbeater ha firmato il testo approvato
Londra va verso l’eutanasia. Può essere sintetizzato così l’esito di un voto: ieri la Camera dei Comuni ha approvato la legge che legalizza il suicidio assistito in Galles e Inghilterra. Il provvedimento, a firma della deputata laburista Kim Leadbeater, è passato con 330 «sì» e 275 «no».
La strada verso l’approvazione definitiva è lunga e gli attivisti non si danno per vinti. Il testo appena varato passa adesso a una commissione che lo perfezionerà prima di riportarlo in aula per l’ultimo scrutinio. Poi toccherà ai Lord. Ma il via libera ottenuto ieri, il primo dopo dieci anni dall’ultimo fallito tentativo di aprire le porte all’eutanasia, sigilla la volontà politica (seppure non schiacciante) di portarlo a termine.
Il voto è avvenuto al termine di un dibattito di quasi cinque ore, con 160 deputati iscritti a parlare, dai toni inusuali: intensi, meditati, emozionati. Molte delle dichiarazioni, sia favorevoli che contrarie, sono state lette con la voce rotta dal pianto a condividere con l’aula storie personali di vita e morte. «Mi implorava di farla morire», ha ricordato la conservatrice Alicia Kearns parlando della mamma defunta. «La mia voleva vivere, anche se il dolore era diventato insopportabile», le ha risposto laburista Florence Eshalomi. Le voci a favore e contro il provvedimento non hanno seguito i consueti schemi – «sì» dalla sinistra di governo, «no» dalla destra di opposizione – ma si sono incrociate in maniera trasversale. I partiti hanno infatti concesso ai deputati il voto in libertà di coscienza. Il provvedimento, che è stato selezionato con una sorta di “lotteria” tra quelli di iniziativa privata, godeva tuttavia del tacito appoggio del primo ministro Keir Starmer. «Si è percepita una certa pressione – ha osservato il Guardian – perché qualcuno scegliesse questo tema». L’esito dello scrutino ha certificato che sulle questioni etiche, come il fine vita, le alleanze improbabili sono possibili.
La fronda del «sì» ha visto schierati, insieme, il premier Starmer, appoggiato dal 60 per centro del partito, e l’ex leader dei Tory Rishi Sunak. Al fronte del «no» hanno aderito otto ministri dell’attuale esecutivo, tra cui la vicepremier Angela Rayner, e la neoleader dei conservatori Demi Badenoch.
La protesta a Westminster degli oppositori della legge sull'eutanasia - Ansa
La titolare del provvedimento, Leadbeater, si è sforzata di portare dalla sua parte i deputati indecisi aprendo all’eventualità di emendamenti correttivi. Il suo testo sancisce che i malati terminali adulti, residenti in Galles o Inghilterra da più di un anno e ancora capaci di intendere e volere, possano ottenere dai medici l’aiuto necessario a morire. Contempla alcune misure di salvaguardia: l’interessato, questa è la prima, deve mettere per iscritto due volte il desiderio di morire; la sua idoneità, ancora, deve essere certificata da due medici indipendenti, a distanza di sette giorni uno dall’altro, e da un giudice dell’Alta Corte.
Secondo alcune associazioni questi paletti non assicurano, comunque, che in futuro le maglie della legge possano essere allargate ai pazienti vulnerabili come i depressi, gli autistici e, più in generale, i disabili.
Al termine della seduta, Leadbeater è scesa in strada, a riscuotere il tributo dei manifestanti in festa radunati dall’associazione Dignity in Dying. Smarrimento, invece, tra coloro che, poco lontano, avevano per ore gridato: «Aiutateci a vivere, non a morire». Il cattolico John Sherrington, vescovo ausiliare della diocesi di Westminster, ha espresso la speranza che i parlamentari abbiano «la saggezza di respingere questa legge in una fase successiva». Il piano, però, si è inclinato.