Le cliniche private del Regno Unito che effettuano aborti potranno, dal prossimo 30 aprile, farsi pubblicità alla radio e in televisione, cosa che già fanno sulla stampa. Lo ha stabilito ieri il Broadcast Committee of Advertising Practice (Bcap), l’organismo responsabile della redazione del codice della pubblicità televisiva dopo una consultazione pubblica che ha confermato, ha spiegato ieri Matt Wilson, portavoce del Bcap, «che non esistono ragioni affinché queste cliniche non possano farsi pubblicità anche su radio e televisione». Ovviamente, ha proseguito Wilson: «Si tratterà di spot molto responsabili il cui scopo non sarà quello di invitare le donne ad abortire ma di informarle sui servizi a loro disposizione». Dal 30 aprile, inoltre, ha continuato il portavoce, «anche i centri privati pro-life potranno usare il mezzo televisvo e la radio per promuovere i loro servizi al pubblico». L’idea di pubblicizzare le cliniche che forniscono aborti – usando un mezzo così diretto e a forte impatto come la tv – è stata, però, condannata non solo dai gruppi per la vita e quelli religiosi ma anche da diversi politici tra cui la parlamentare conservatrice Nadine Dorries. «Questa iniziativa – ha detto ieri la deputata – farà pensare ancora di più all’aborto come a una cosa leggera, un po’ come andare fuori a pranzo. E questo è molto pericoloso soprattutto nel nostro Paese dove il numero degli aborti tra minorenni è in aumento, così come i disturbi psicologici legati all’interruzione di gravidanza. Pubblicizzare le cliniche che effettuano aborti in tv equivale a sdrammatizzare una procedura che invece è molto seria e che lascia lesioni fisiche e psicologiche in tante donne che la subiscono per tutta la vita». Non solo, ha continuato la Dorries, «le televisioni accumuleranno profitti da pubblicità che promuovono un servizio che mette fine a una vita. Credo che questo sia davvero terribile e profondamente sbagliato». La Spuc, la società per la protezione del bambino non ancora nato, ha spiegato ieri che la pubblicità sarà effettuata soprattutto da due servizi privati come il British Pregnancy Advisory Services (Bpas) e Marie Stopes che ricevono fondi dal sistema sanitario nazionale per effettuare aborti. E che invece non esistono servizi commerciali pro-life «perché tutti i gruppi pro-life – ha detto il direttore John Smeaton – sono enti di carità che non si possono permetterà di fare pubblicità in tv». Questa decisione, ha concluso Smeaton, «È presa con l’obiettivo di agevolare l’industria dell’aborto che accumula ingenti profitti a spese delle donne e dei bambini non ancora nati».