Vietnam. «Tragedia per la comunità»: il parroco dei disperati del container inglese
Noa Nghiem, ritenuta una delle vittime della tragedia del container in Uk (Ansa/Twitter)
«Mi dispiace mamma. Il mio viaggio all’estero non è andato bene. Ti amo così tanto! Sto morendo perché non posso respirare». Il testo di quello che sarebbe stato l’ultimo sms inviato da una giovane vietnamita alla madre testimonierebbe la coscienza di essere prossima a una morte orribile, condivisa con altri 38 individui, con ogni probabilità almeno in parte connazionali e non soltanto cinesi come apparso nei primi resoconti della tragedia in cui un gruppo di migranti che avevano cercato di entrare nel Regno Unito in un container erano stato ritrovati cadaveri a Grays a una trentina di chilometri da Londra.
Sul camion della morte proveniente dal Belgio dove mercoledì sono stati individuati i corpi di 31 uomini e otto donne, deceduti quando erano ormai prossimi alla meta di un lunghissimo viaggio organizzato dai trafficanti di esseri umani, vi erano sicuramente individui di provenienza estremo-orientale, ma gli inquirenti stanno cercando di capirne la provenienza.
I passaporti cinesi ritrovati potrebbe infatti essere dei falsi e la stessa ambasciata della Repubblica popolare cinese a Londra avrebbe messo in dubbio la loro provenienza, mentre crescono le testimonianza sulla nazionalità vietnamita di almeno una parte delle vittime.
A confermare ulteriormente questa provenienza sono le dichiarazioni di un sacerdote vietnamita, padre Anthony Dang Huu Nam, che nella remota località di Yen Thanh, nel Vietnam centro-settentrionale, è in contatto con familiari delle vittime. “L’intero distretto è in lutto. Io sto ancora raccogliendo i contatti con tutte le famiglie delle vittime e stasera terremo una cerimonia per loro”.
Il sacerdote, che va raccogliendo testimonianze di come i contatti tra le famiglie e i congiunti in viaggio si siano interrotti improvvisamente e mai ripresi, parla di “una catastrofe per la nostra comunità”. Una tragedia confermata dall’emergere delle ultime comunicazioni tra i migranti e le famiglie in patria.
Pochi giorni fa la famiglia del ventenne Nguyen Dinh Luong che aveva comunicato di voler passare illegalmente dalla Francia dove viveva da tempo alla Gran Bretagna pagando 13mila euro avrebbe ricevuto una telefonata in cui una voce maschile diceva in lingua vietnamita: “Per favore, abbiate comprensione, è successo qualcosa di inaspettato”.
Altre due famiglie, come riferiscono media britannici, hanno fatto sapere di aver ricevuto martedì messaggi di un figlio 26enne e di una figlia 19enne che scrivevano di essere sul punto di salire a bordo di “un container” in Belgio e di dover “spegnere il telefonino” per evitare di essere individuati. Terribile l’esperienza dei genitori di Pham Thi Trà My, una 26enne i cui messaggi risalgono a poco dopo le 22 di martedì, ora britannica, quando il container, stando alle indagini, era in navigazione su un traghetto tra il porto belga di Zeerbrugge e quello britannico di Purfleet. Nove messaggi d’addio destinati alla madre che esprimono la consapevolezza di una fine imminente, tra cui: “Mi dispiace mamma. Il mio viaggio all’estero non è andato bene. Ti amo così tanto! Sto morendo perché non posso respirare”.
In Vietnam, Pham s'era messa in mano a trafficanti locali e aveva raggiunto la provincia cinese di Ha Tinh, centrale oggi nel traffico asiatico di esseri umani. Da qui era finita in Francia e in Belgio prima di essere rinchiusa nel container frigorifero per il traghettamento verso il Regno Unito e una fine orribile.
Una vicenda che conferma drammaticamente come decine di migliaia i vietnamiti stiano partendo per cercare altrove una vita diversa. Molti dalla provincia di Nghe An, ma tanti anche da quella confinante di Ha Tinh da cui sarebbero state ben 42mila le partenze nei soli primi otto mesi dell’anno. Una situazione dovuta anche alle avverse condizioni atmosferiche e l’inquinamento delle acque che mettono in ginocchio le aree più povere del Paese, evidenziata anche da un recente rapporto della statunitense Pacific Links Foundation, impegnata a combattere il traffico di esseri umani.
Sul fronte delle indagini, sono quattro finora gli arresti: l'autista nordirlandese del mezzo che trasportava il container, il 25enne Mo Robinson; due presunti basisti, un uomo e una donna di 38 anni, residenti entrambi a Warrington, in Inghilterra; un 48enne, pure residente in Irlanda del Nord, fermato nelle mentre cercava di imbarcarsi su un aereo.Stefano Vecchia