Calamità. L'invasione delle locuste, l'ultima piaga africana
Locuste in Kenya
Sulla fascia orientale del Continente uno sciame di locuste da 200 miliardi di esemplari che sta distruggendo le coltivazioni, in quella del Sahel, tra Burkina Faso, Niger e Mali una situazione di instabilità e penetrazione del terrorismo islamista che provoca sfollamenti e conseguenti crisi alimentari in aree già poverissime. L’Africa guarda con preoccupazione a questo 2020 che nei primi due mesi ha già visto moltiplicarsi gli appelli delle organizzazioni internazionali per far fronte all’insicurezza alimentare. A rischio c’è una porzione di mondo in cui diversi fattori – conseguenze del cambiamento climatico, cattiva gestione delle risorse, corruzione, terrorismo – si intersecano per contribuire al dramma quotidiano di milioni di persone.
Mercoledì la Fao ha annunciato che il Sud Sudan è ormai il settimo paese dell’Africa orientale a essere colpito dall’emergenza locuste, che si abbatte su un Paese i cui abitanti già patiscono gli effetti della carestia provocata dalla guerra civile. Partito dallo Yemen lo scorso luglio, lo sciame di locuste ha già raggiunto e devastato Somalia, Gibuti, Etiopia e Kenya, mentre i primi insetti sono arrivati anche in Uganda e Tanzania.
La Fao ha confermato che ad entrare in Sud Sudan dalla località meridionale di Magwi, al confine con l’Uganda, sono stati circa 2mila insetti adulti dal colore giallo intenso, pertanto in cerca di luoghi in cui depositare le uova. Il governo sta addestrando la popolazione a spruzzare i pesticidi, il cui intenso utilizzo peraltro rischia di avere conseguenze pesanti sui terreni. Già ora, ha sottolineato Save the Children, la malnutrizione colpisce in Sud Sudan 1,3 milioni di bambini e il 60 per cento della popolazione è a rischio fame.
Decisiva la mobilitazione dei donatori internazionali, ma per ora la Fao ha ricevuto solo 21 milioni di dollari dei 76 richiesti, necessari per potenziare gli interventi di spruzzatura aerea di pesticidi. In 24 ore uno sciame è in grado di percorrere fino a 150 chilometri e mangiare la stessa quantità di cibo di 35mila persone. Entro giugno il numero degli insetti rischia di moltiplicarsi di 500 volte, invadendo altri Paesi dell’Africa orientale. Una vera sfida logistica in zone remote e difficilmente raggiungibili.
Di pari passo prosegue l’emergenza alimentare anche in Sahel, dove secondo Fao, Programma alimentare mondiale dell’Onu e Unicef 3,3 milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare immediata, soprattutto in Burkina Faso, Mali e Niger. «La situazione nel Sahel è una crisi umanitaria gravissima – sottolinea James Belgrave, portavoce del Pam –. Stiamo vedendo la combinazione molto letale di conflitti armati, sfollamento delle popolazioni e livelli di fame e malnutrizione molto elevati. Sono tutti fenomeni aggravati poi dai cambiamenti climatici».
Anche Oxfam ha avvertito che l’intensificarsi delle violenze nel nord e nell’est del Burkina Faso, aggravati dall’impatto della siccità e del cambiamento climatico, sta portando la popolazione sull’orlo del baratro. Oltre 1,9 milioni di persone stanno rimanendo senza nessun accesso ad acqua potabile e servizi igienico-sanitari, mentre solo l’anno scorso il numero di sfollati interni è cresciuto di dieci volte: 500mila uomini, donne e bambini, che hanno trovato rifugio nei villaggi di aree già poverissime del Paese. «Se mi alzo alle 7 la mattina in cerca d’acqua devo rimanere sotto il sole anche fino a mezzogiorno per procurarmene quel poco che spesso non è sufficiente per i bisogni della mia famiglia. E questo accade ogni giorno», racconta Fatoumata Sawadogo, madre che ha trovato rifugio nel campo profughi di Pissila, nel centro-nord del Burkina Faso.
In Niger, nei giorni scorsi, venti persone, in maggioranza donne e bambini, sono rimaste uccise nella ressa scoppiata durante una distribuzione di aiuti alimentari a Diffa, città della regione presa ripetutamente di mira dal 2015 dai terroristi islamici di Boko Haram. La notizia della distribuzione di cibo e soldi aveva spinto migliaia di persone a recarsi nella zona anche da molto lontano per beneficiarne e alleviare per qualche giorno il dramma della fame. Scene e situazioni che rischiano di ripetersi in molte regioni del Continente.