Sud-ovest della Bolivia, confine con il Cile. Un paesaggio lunare bianco, come la neve, a 3.650 metri sopra il livello del mare. Un deserto di sale con una superficie di quasi 12.000 chilometri quadrati. Finora il Salar di Uyuni – la più grande distesa salata del mondo – era meta soprattutto di turisti ed esperti di astronomia. Ma qualcosa è cambiato: i visitatori, ora, non sono soltanto viaggiatori interessati ad uno degli angoli più suggestivi dell’altopiano. Puntano ad altro: vi arrivano tecnici, ingegneri, imprenditori di mezzo mondo. A migliaia di chilometri di distanza, da Detroit a Pechino, da Tokyo a Parigi, le grandi aziende automobilistiche – impegnate a sviluppare gli attesi modelli delle nuove auto elettriche – guardano con interesse crescente alla Bolivia e al suo tesoro minerale. Il Paese sudamericano possiede infatti quasi il 50% delle riserve mondiali di litio, materia prima fondamentale per le batterie delle vetture elettriche. Un patrimonio concentrato nel lago prosciugato di Uyuni e in altri piccoli salares fra Potosí e Oruro, a sud di La Paz. Una ricchezza che, secondo gli esperti, nel prossimo futuro potrebbe trasformare l’importanza geostrategica della Bolivia, catapultandola al centro di interessi economici internazionali. In una manciata di anni il panorama mondiale è cambiato e promette nuove trasformazioni. Il costo e la disponibilità limitata degli idrocarburi spingono l’acceleratore dei grandi costruttori di auto verso propulsori alternativi. E c’è già chi parla, magari con qualche esagerazione, della Bolivia come futura Arabia Saudita del litio: le enormi riserve di questo minerale (il 47% del totale mondiale, secondo il servizio geologico statunitense) vengono paragonate ai giacimenti di oro nero del Paese arabo, primo esportatore di petrolio del Pianeta. Ormai Uyuni non è più soltanto un’affascinante destinazione turistica. Il governo di Evo Morales è consapevole dell’importanza delle riserve: se i progetti delle grandi case automobilistiche si realizzeranno, in pochi anni la domanda di litio si moltiplicherà. Il litio, non a caso, è stato uno dei temi chiave del recente viaggio di Morales in Russia e in Francia. A Parigi il primo presidente aymara (l’etnia locale) della storia boliviana ha visitato la compagnia del gruppo Bolloré, che lavora con l’italiana Pininfarina al disegno di un’automobile elettrica con batterie agli ioni di litio. Il modello nato dalla joint venture fra Pinifarina e Bolloré potrebbe essere lanciato contemporaneamente in Europa, Usa e Giappone il prossimo anno. Al ritorno a La Paz, Morales – promotore della nazionalizzazione degli idrocarburi e di un più forte controllo statale dell’economia – ha chiarito la posizione della Bolivia. Investitori stranieri sì, ma in minoranza: lo Stato «non perderà mai» il controllo del litio – ha detto – e manterrà sempre una posizione maggioritaria nei futuri progetti di sfruttamento. La Bolivia «cercherà soci e non proprietari». La Paz non vuole limitarsi a fornire materia prima ad altri. Il gruppo Bolloré non è l’unico ad aver manifestato interesse per i salares boliviani: offerte e proposte di accordi per la ricerca scientifica, l’estrazione e l’industrializzazione del litio cominciano a fioccare anche dall’Asia, con le giapponesi Mitsubishi e Sumimoto e la sudcoreana LG. Per ora si tratta di progetti, di «desideri», ha detto Morales. Il Paese andino ha già cominciato a muoversi da solo lo scorso anno, con un primo progetto pilota a Uyuni: i boliviani stanno realizzando una fabbrica di carbonato di litio, con un investimento iniziale di circa 6 milioni di dollari. È solo il primo passo: in un secondo momento sarà necessario un investimento fra i 150 e i 250 milioni. Il partito di Morales (Mas, Movimento al Socialismo) ha confermato che la produzione verrà avviata in via sperimentale il prossimo anno: «Sono certo che fra due o tre anni industrializzeremo il salar di Uyuni», ha detto il deputato Froilán Condori. La fabbrica dovrebbe sfornare 40 tonnellate di litio il mese. Una chance importantissima per la seconda nazione più povera dell’America Latina, dopo Haiti? L’ambizione di La Paz – una volta realizzate batterie al litio – è costruire in Bolivia anche i veicoli elettrici. In futuro, ovviamente. Mancano ancora capitali e tecnologia, ma certo non scarseggia l’ambitissima materia prima. Finora non ci sono accordi né contratti con possibili soci stranieri, ma il corteggiamento è in corso: intorno ad Uyuni e ai più piccoli laghi salati prosciugati di Oruro si è risvegliata una straordinaria attenzione. Gli esperti prevedono forti pressioni. L’ultima parola, in qualsiasi caso, spetterà agli stessi boliviani. La nuova Costituzione – approvata di recente con un referendum, fra accese polemiche – dichiara che «le risorse naturali sono di proprietà e dominio diretto, indivisibile e imprescrittibile del popolo e spetta allo Stato la sua amministrazione in funzione del bene collettivo»: tutto ciò vale per i «minerali, gli idrocarburi, l’acqua, l’aria, il suolo e il sottosuolo, i boschi, la biodiversità, lo spettro elettromagnetico e tutti gli elementi e forze fisiche che possono essere sfruttate». Dunque, è compreso anche il litio, nuovo oro «verde».