Gli Stati Uniti e gli alleati europei stanno studiando, nell’ambito della Nato ma non solo, la possibilità di usare navi per distribuire aiuti alimentari in Libia e per impedire le forniture di armi al regime di Muammar Gheddafi. A svelare un retroscena della difficile partita diplomatica in corso sull’emergenza libica è stato ieri il
Washington Post, che ha citato come fonti alcuni ufficiali statunitensi ed europei. Secondo il quotidiano, si tratterebbe di una delle alternative allo studio per agire in Libia, dato che per un intervento a carattere militare, tra cui una no-fly zone, occorrerebbe un via libera dell’Onu al momento difficile da ottenere, vista l’opposizione di Russia e Cina. «Con un mandato dell’Onu lungi dall’essere garantito – scrive il giornale – chi è favorevole ad una forma di intervento, e tra questi Usa, Francia, Gran Bretagna ed Italia, è alla ricerca di appoggi alternativi».L’appoggio a un’operazione internazionale potrebbe venire anche dai blocchi regionali, come era successo con gli attacchi della Nato in Serbia. Nel caso della Libia, se si prendono in considerazione gli appoggi potenziali all’operazione – dalla Lega Araba all’Unione Africana, dalla Nato all’Ue – si nota che sono presenti tutti i Paesi che si trovano entro un raggio di 8mila chilometri circa dalla Libia. L’azione navale, con appoggio aereo, consisterebbe nel fornire aiuti alimentari e garantire la sicurezza, scortandole, delle navi civili che intendono attraccare a Bengasi e nelle altre aree controllate dai ribelli. Un’analoga sorveglianza verrebbe effettuata nei pressi di Tripoli, ma per garantire il rispetto dell’embargo sulle forniture di armi alla Libia.Ciò non toglie che proseguono gli sforzi anche in seno all’Onu per arrivare a una decisione su un intervento con basi più ampie. Il premier britannico David Cameron ha ribadito che se la no- fly zone si renderà necessaria «dovrà avere il più vasto sostegno possibile, ed è questo il motivo per cui stiamo lavorando al testo di una risoluzione del Consiglio di sicurezza». Ma cauti sono ancora diversi Paesi. Nella bozza di conclusioni del vertice Ue di domani si legge che «il Colonnello Gheddafi deve lasciare il potere immediatamente». Ma se sul monito i Ventisette sono tutti d’accordo, le divisioni sulla no-fly zone restano.L’ambasciatore russo presso la Nato, Dmitri Rogozin, ha intanto sostenuto ieri che Usa e Gran Bretagna «stanno preparando un’operazione sul territorio libico fin dal 20 febbraio» e, anche senza avallo delle Nazioni Unite, sfrutteranno qualche azione contraerea delle truppe di Gheddafi per sferrare un attacco ammantato di «autodifesa». Da parte sua il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney, non esclude che la comunità internazionale possa in futuro fornire armi ai ribelli libici, se sarà necessario. Il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, ha peraltro spiegato che l’organizzazione non sta cercando di intervenire in Libia, ma sta facendo preparativi militari per «tutte le eventualità». La Nato, così come l’Ue, ha anche precisato che non risulta alcun incontro in programma con emissari del regime di Gheddafi. Ieri si è intanto registrato uno scontro istituzionale a livello europeo sul riconoscimento del Consiglio nazionale libico, istituito dai ribelli anti-Gheddafi. Il capo della diplomazia Ue Catherine Ashton ha infatti respinto la proposta del Parlamento europeo di riconoscere l’organismo libico. «C’è un Consiglio dei capi di Stato e di governo per prendere una tale decisione», ha detto la Ashton nel corso di un dibattito a Strasburgo sulla crisi in Libia. I leader dei grandi gruppi e la maggior parte dei deputati si erano invece espressi a favore del «riconoscimento immediato» chiesto già martedì dai due rappresentanti del Consiglio invitati a Strasburgo. Intanto domattina due emissari del Consiglio, Mahmud Jibril e Ali Essawi, saranno ricevuti all’Eliseo da Nicolas Sarkozy. «Sarà l’occasione per trattare la situazione generale in Libia, in particolare la situazione umanitaria e l’azione del Consiglio», recita una nota della presidenza francese. Ieri un altro emissario, Jebril El Waalfarvi, è stato ricevuto dal presidente svizzero Micheline Calmy-Rey.