Nuovi raid aerei della Nato hanno scosso Tripoli stanotte. Forti esplosioni sono state udite nel centro della capitale libica. Intanto una commissione d'inchiesta istituita dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu, a Ginevra, ha denunciato il regime di crimini contro l'umanità e crimini di guerra. Gli aerei dell'Alleanza, che hanno intensificato i bombardamenti su Tripoli da lunedì, hanno bersagliato anche all'inizio della settimana le periferie di Tajura ed Al-Jafra. Il portavoce del governo, Mussa Ibrahim, ha però dichiarato martedì che la Nato ha causato con i suoi raid 718 vittime civili e ferito 4.067 persone dallo scorso 19 marzo. Dichiarazioni puntualmente smentite dall'Alleanza atlantica.
PROLUNGATA LA MISSIONE NATOAncora tre mesi di bombardamenti sulla Libia (sempre che il regime non collassi prima). La Nato ha deciso di prorogare di altri 90 giorni la missione Unified Protector. Le operazioni militari, avviate il 25 marzo, erano state inizialmente previste per 90 giorni, come da procedura standard. Non pochi analisti avevano ipotizzato una soluzione a breve termine, considerato che l’esercito di Gheddafi non era decisamente tra i più efficienti del mondo (il rais, nel timore di colpi di Stato, ha sempre privilegiato i gruppi di élite). Ma l’apparato di regime si è rivelato più reattivo e resistente del previsto. E benché la Nato abbia spiegato nei giorni scorsi che le capacità militari di Gheddafi sono ormai seriamente compromesse, evidentemente c’è ancora molto da fare. Il segretario generale dell’Alleanza, Anders Fogh Rasmussen, ha detto ieri che la decisione sulla proroga (che scatterà il 27 giugno) invia al rais un chiaro messaggio: «Siamo determinati a proseguire le nostre operazioni per proteggere il popolo libico». Secondo Rasmussen, la caduta di Gheddafi è ormai «solo questione di tempo». Bisogna vedere quanto. I raid su Tripoli proseguono: anche l’altra notte si sono udite almeno sei forti esplosioni nella capitale. «I missili stanno cadendo ovunque e purtroppo non colpiscono solo zone militari, ma anche civili», è tornato a ripetere il vicario apostolico di Tripoli, monsignor Giovanni Innocenzo Martinelli. Secondo il vescovo, gli ultimi bombardamenti hanno danneggiato anche una chiesa copta vicina a una caserma militare. Il governo martedì ha denunciato che almeno 718 persone sono rimaste uccise negli attacchi Nato. Ma ieri il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha detto di non «non avere una conferma indipendente » sulle vittime civili. Piuttosto, Ban Ki-Moon ha ammonito le autorità libiche dal «continuare ad attaccare e uccidere persone». Una Commissione d’inchiesta dell’Onu creata dal Consiglio dei diritti dell’uomo ha però anche stabilito che sia il regime libico sia le forze dell’opposizione hanno commesso crimini di guerra in questi mesi di crisi. Il rapporto verrà valutato dal Consiglio lunedì. Secondo fonti diplomatiche francesi citate da Le Figaro, il bilancio della repressione condotta dal Colonnello sinora sarebbe di «diverse migliaia di morti, forse più di 10mila». E dai racconti di fonti indipendenti concordanti emerge un quadro spaventoso della situazione a Tripoli. I testimoni parlano di un clima di terrore, con continui arresti, retate notturne, saccheggi, esecuzioni sommarie, stupri, torture, sparizioni di oppositori e fosse comuni. Nelle altre aree del Paese la situazione è sostanzialmente in stallo: i governativi non hanno risorse a sufficienza per mettere a segno pesanti avanzate, i ribelli resistono come possono. Ma da Bengasi (la roccaforte degli insorti nell’Est) è arrivata, ieri in serata, la notizia di una forte esplosione davanti all’hotel Major, dove alloggiano giornalisti e rappresentanti diplomatici e dove il Consiglio nazionale transitorio (Cnt) tiene le sue conferenze stampa. Nell’albergo si trovava l’ambasciatore italiano in Libia Vincenzo Schioppa, che è rimasto illeso. Secondo al-Arabiya potrebbe essersi trattato di un’autobomba. Non ci sono stati feriti né vittime, ma l’episodio viene considerato estremamente preoccupante per il paventato rischio di una “irachizzazione” del conflitto nel Paese. Continuano intanto le defezioni. Già più di 120 ufficiali hanno voltato le spalle al rais. Molti si trovano a Roma, dove è arrivato ieri il ministro del Petrolio libico, Shokri Ghanem, che nei giorni scordi si era dissociato dal governo e che ha annunciato di volersi unire ai ribelli. Continuano anche le polemiche sulla presenza di truppe straniere a terra. Al-Jazeera lunedì ha trasmesso un video che mostrava sei occidentali armati a colloquio con alcuni ribelli a Misurata. La Nato aveva subito smentito. Ieri, invece, è stato il Guardian a scrivere che alcuni veterani delle forze speciali britanniche Sas si trovano nella città portuale. Lavorerebbero per società di sicurezza private e avrebbero l’incarico di istruire i ribelli libici a terra, fornendo però anche informazioni al comando alleato. Il ministero della Difesa britannico ha però negato di avere soldati dislocati sul terreno. Un allarme è stato infine lanciato dagli Stati Uniti sul flusso di armi in Libia. Il generale Carter F. Ham, capo del comando americano per l’Africa, ha detto che gli Usa nutrono «concrete preoccupazioni» che nel Paese si innesti una «proliferazione» di armi dirette in altre zone del Nordafrica, «comprese quelle controllate da al-Qaeda».
Barbara Uglietti