L'anno che verrà. L'Europa invecchia e si difende. Ma ora deve diventare "grande"
L’Europa è davvero il Vecchio Continente. Non tanto per la sua antica civilizzazione, ma per il suo profilo demografico. Nel 2022, oltre un quinto (il 21,1 %) della popolazione Ue aveva più di 65 anni. L’età mediana era in aumento e raggiungeva i 44,4 anni, a significare che la metà degli abitanti dell’Unione aveva più di quell’età. Ma non pensate solo all’Italia. Dal 2012 al 2022, la percentuale dei 65enni sulla popolazione nel nostro Paese è aumenta del 3%, la media continentale, ben di più è cresciuta in Polonia, Finlandia, Portogallo, Francia e Olanda. Questo non toglie che siamo il Paese relativamente più vecchio, che poi vuole dire con la maggiore longevità. Se aggiungiamo la costante riduzione delle nascite che colpisce quasi tutte le nazioni, vediamo come la popolazione tenda a calare, al netto di nuovi ingressi, e le persone in età di lavoro vadano riducendosi sul totale, creando un problema di creatività, crescita, produttività - e sostenibilità del sistema sanitario e pensionistico. Ci si può chiedere perché si parli poco di questi scenari, che hanno in sé notizie confortanti - viviamo più a lungo, spesso meglio, il progresso tecnologico sopperisce almeno in parte alla riduzione dei contributi umani nel darci innovazione e prosperità -, ma anche lugubri proiezioni di una società meno dinamica e con oggettivi problemi nel lungo periodo.
La risposta è che la politica – e anche l’informazione – guarda poco lontano: secondo l’adagio un po’ cinico, si preoccupa delle prossime elezioni e non delle prossime generazioni. Ecco allora che all’avvicinarsi del voto per il rinnovo dell’Europarlamento, tra il 6 e il 9 giugno, vale la pena di scrutare nel futuro del Continente. Sarà “vecchia” in molti sensi, ma l’Europa dei 27 ha ancora l’ambizione di essere all’avanguardia del Pianeta e, per rialzarci un po’ il morale, si può affermare che in effetti lo sia ancora. Pensiamo alla legislazione ambientale, la più ambiziosa del mondo, sebbene si stia scontrando con l’opposizione di gruppi e lobbies economiche non ne comprendono la portata storica al di là della difesa corporativa di interessi di breve gittata. E consideriamo il “AI Act”, la regolamentazione più avanzata per l’intelligenza artificiale, la rivoluzione che sta mettendo a soqquadro il nostro modo di lavorare, studiare e divertirci, suscitando nuove inquietudini.
Da due anni c’è una guerra nel cuore del Continente - ci torneremo - e la Ue ha saputo affrontare l’emergenza umanitaria di milioni di profughi ucraini accolti nei propri confini, continuando anche a sostenere la resistenza di Kiev con finanziamenti e armamenti. In precedenza, aveva dimostrato capacità inedita di mettere in atto una reazione comune di fronte alla sfida senza precedenti della pandemia da Covid-19. Ciò è avvenuto sia con la campagna vaccinale sia, soprattutto, con il Next Generation EU, il piano di ripresa finanziato sui mercati con garanzie comunitarie. Una prima volta assoluta, che ha visto abbassare lo sguardo arcigno dei Paesi frugali, difensori del rigido Patto di stabilità, per lasciare spazio alla solidarietà verso le nazioni più colpite dal virus. L’Assemblea che conclude la sua legislatura quinquennale e la Commissione che va a terminare il suo mandato hanno insomma affrontato crisi senza precedenti nel dopoguerra ed escono con un bilancio che ha più luci che ombre. Questo 2024 che sarà diviso in due, dal punto di vista politico e istituzionale, sembra avviato a un secondo semestre potenzialmente foriero di grandi rivolgimenti.
Londra ha i suoi problemi
La Gran Bretagna osserva le elezioni Ue in attesa di svolgere le proprie, previste entro l’anno. In contro tendenza continentale, i laburisti sono in ampio vantaggio nei sondaggi. L’immigrazione è tema sempre caldo anche a Londra, dove il premier Rishi Sunak ha sdoganato l’idea delle “deportazioni” dei nuovi arrivati senza permesso di soggiorno
Le tensioni nei Balcani
Anche la Serbia bussa da anni senza troppa convinzione alle porte della Ue ma, intanto, la Russia soffia sulle tensioni mai sopite nei Balcani e potrebbe riaprirsi la ferita del Kosovo, dove anche la presenza Nato ingolosisce chi cerca di buttare benzina sul fuoco nel cuore dell’Europa. Recenti alcuni scontri che fanno salire l’allerta
Clima emergenza continua
Barcellona si prepara a vivere senza pioggia, alle prese con una siccità che promette di diventare strutturale. Se in alcune zone la scarsità d’acqua potabile è il primo problema, il timore è che i fenomeni atmosferici estremi, simili all’alluvione in Emilia-Romagna dell’anno scorso, si moltiplichino in tutto il continente. Ogni cambio di stagione ormai è a rischio
La sfida mondiale sull’IA
L’intelligenza artificiale cambia l’economia e la società. Le chiavi le hanno per ora gli Stati Uniti, ma la Cina è alla rincorsa. L’Europa, che s’è data per prima le regole, deve provare con le sue start-up a trovare una via propria allo sviluppo di sistemi che preservino anche lingue e culture dall’omologazione di inglese e tradizione anglo-sassone.
Ai seggi ci si aspetta un’avanzata delle forze di centro- destra, in particolare quelle di orientamento più marcatamente populista e sovranista. Ha cominciato ad aprire i giochi il premier ungherese Viktor Orbán, con l’annuncio del passaggio del suo partito Fidesz al gruppo dei conservatori Erc, guidato da Giorgia Meloni con Fratelli d’Italia. L’uomo forte di Budapest aveva già lasciato il Partito popolare e dà il via a possibili spostamenti tra i principali raggruppamenti. L’attuale maggioranza che unisce Ppe, socialisti & democratici e liberali potrebbe mantenere i numeri per esprimere la nuova Commissione, magari ancora guidata da Ursula von der Leyen, che ha raccolto simpatie anche al di fuori della propria base, a partire dalla nostra premier e dei 5 Stelle (14 deputati la votarono permettendone l’elezione, messa in discussione dai franchi tiratori dei tre gruppi che la sostenevano). Ma nelle urne le speranze degli euroscettici o, comunque, di chi continua a promuovere un’Unione confederale, ovvero con deleghe ridotte e forte potere dei governi nazionali, sono legate, come detto, alla composizione dell’elettorato e alla scarsa partecipazione (l’astensione nel 2019 è stata del 49, 44%, leggermente inferiore a quella di cinque anni prima). Cittadini più anziani hanno una visione soprattutto “difensiva” della politica (e i partiti sono pronti a offrirla loro).
Non è un mistero che il tema più caldo e divisivo in molti dei 27 Paesi sia quello dell’immigrazione. Recentemente, cavalcare la paura dello straniero ha fatto la fortuna di Geert Wilders in Olanda portandolo alla vittoria. Ma i successi di Donald Tusk in Polonia e di Pedro Sánchez in Spagna, pur non spettacolari, hanno riequilibrato le tendenze della vigilia. Resta il fatto che l’Europa non è ancora riuscita a darsi una politica comune sull’immigrazione, perché i singoli Stati vogliono tenersi le mani libere e sfruttare i vantaggi che la geografia assegna a qualcuno. I Paesi rivieraschi del Mediterraneo, Italia in primis, accolgono i principali flussi africani e non godono della solidarietà comunitaria. Ma presenze straniere extraeuropee sono forti in tutte le nazioni, con parziale eccezione di quelle orientali. L’integrazione di comunità con tradizione e culture diverse non è semplice in nessuna parte del mondo. Lo dimostrala stessa campagna per le presidenziali Usa, segnata com’è dal tema del “muro” che i repubblicani vogliono erigere per fermare gli arrivi dal Messico.
L’Europa, con molti suoi Stati, è all’avanguardia per diritti e l’integrazione dei profughi. Siamo ora in una fase forse di transizione e sono più che mai urgenti programmi e scelte su scala continentale, compresi progetti di cooperazione di ampio respiro con i Paesi di partenza, tra cui il Piano Mattei appena presentato dal nostro governo, E di nuovo si torna all’inizio, perché l’Europa ha bisogno di immigrati per compensare la dinamica demografica discendente. Ne risente l’economia, con la locomotiva tedesca che sta rallentando, e ne soffre l’intero sistema sociale.
Tutto questo in un momento in cui si dovranno prendere ulteriori decisioni sulla guerra in Ucraina. L’approvazione, giovedì, del pacchetto di aiuti di 50 miliardi in 4 anni non risolve la crisi, al più la prolungherà. Come si vuole cercare di mettere fine a un conflitto che potrebbe ricadere interamente sulle spalle della Ue in caso dell’ingresso di Trump alla Casa Bianca? Questa la domanda del ‘24. La tanto invocata politica estera e di sicurezza comune si riuscirà finalmente a realizzare di fronte all’allargarsi dell’Atlantico? Si dice che spesso sono gli choc improvvisi a imporre cambiamenti nelle direzioni che prima non si aveva il coraggio di intraprendere. Il tycoon repubblicano potrebbe essere allora la involontaria levatrice di un’Europa capace di diventare “grande”, perché non più bisognosa dell’alleato americano nell’affrontare le sfide che le si parano innanzi.
C’è tuttavia da mettere in conto la tentazione della fuga nei propri confini nazionali, quell’atteggiamento difensivo di cui si diceva in precedenza, provocato dai timori della globalizzazione, della perdita delle proprie specificità e della propria storia. Un obiettivo, quello del trincerarsi, di corto respiro e, in ogni caso, di complicata realizzazione. Con il potenziale declino degli Stati Uniti, lacerati dagli scontri ideologici e sempre meno inclini a occuparsi degli affari altrui, e al crescere della forza delle autocrazie russe e cinese, poco attrattive sul lungo periodo, l’Unione europeo ha davvero l’occasione di diventare il faro dei diritti e della democrazia, un modello di convivenza e di sviluppo sostenibile. Tuttavia, il confine con un‘occasione persa a causa degli egoismi dei singoli membri è molto sottile.