Tigrai, la guerra nascosta. L'Etiopia ammette: la strage di Axum colpa degli eritrei
Dopo smentite e versioni diverse, l’Etiopia ammette il massacro di civili ad Axum e accusa a sua volta gli eritrei. L’ufficio del procuratore generale di Addis Abeba ha per la prima volta accertato le responsabilità delle truppe asmarine nell’omicidio di 110 civili ad Axum a fine novembre, smentendo le testimonianze delle forze dell’ordine, secondo le quali la «grande maggioranza» di coloro che sono stati uccisi nella città santa ortodossa erano combattenti. Gli eritrei avrebbero messo in atto esecuzioni di rappresaglia dopo che forze dell’ex partito di governo locale, il Fronte di liberazione del popolo del Tigrai ( Tplf) li avevano attaccati. «Le indagini indicano che 110 civili sono stati uccisi dai soldati eritrei, 70 mentre erano fuori casa, mentre 40 sembrano essere stati portati fuori dalle proprie case in raid porta a porta il 27 e 28 novembre ».
Human rights watch e Amnesty e numerosi media internazionali avevano incolpato a gennaio i militari eritrei schierati nella regione, dicendo che le vittime erano in maggioranza civili. Secondo i report sarebbero di più, fino a un massimo di 800. L’accusa viene scaricata su Asmara il giorno dopo l’approvazione al Senato Usa di una risoluzione che chiede il ritiro immediato delle truppe eritree dal Tigrai chiedendo una inchiesta indipendente sui crimini di guerra e le atrocità commesse in sei mesi di conflitto. Crimini che aveva contribuito a far conoscere Simon Marks, corrispondente del New York Times, autore di reportage dalla regione settentrionale etiope considerati «non equilibrati » dal governo ed espulso - primo giornalista straniero della storia etiope secondo Reporter sans frontieres - giovedi dall'Etiopia. Un record paradossale per il premier etiope Abiy, Nobel per la pace nel 2019, che aveva destato grandi speranze cominciando il suo mandato tre anni fa con la liberazione dei giornalisti imprigionati dai suoi predecessori al governo centrale, quei tigrini del Tplf contro i quali quasi 200 giorni fa ha lanciato l'offensiva che aveva presentato come una rapida operazione di ripristino dello stato di diritto.
Invece continuano a piovere conferma sul precipitare della situazione umanitaria nella ragione popolata da sei milioni di persone, sulla quali incombe lo spettro di una carestia provocata e usata come arma di guerra. Medici senza frontiere ha lanciato l’ennesimo allarme malnutrizione, stavolta nel quasi inaccessibile nord-ovest del Tigrai. I più colpiti sono bambini, donne incinte e madri in allattamento. Le cliniche mobili di Msf hanno potuto raggiungere circa 50 villaggi rurali e montuosi della regione settentrionale etiope. «Nelle ultime settimane abbiamo assistito 309 bambini in una delle zone più remote. Il 26,6% era malnutrito, nel 6% dei casi in forma grave. Siamo estremamente preoccupati per lo stato nutrizionale del resto della popolazione che non si riesce a raggiungere », afferma Karline Kleijer, responsabile emergenze dell’Ong internazionale che gestisce progetti nelle città tigrine di Adigrat, Axum, Adua, Abi Adi, Shire, Sheraro, Humera e Dansh.
Secondo Msf, le periferie di Shire e Sheraro mostrano livelli di malnutrizione acuta grave al di sopra della soglia di emergenza. L’Ong, vincitrice del Nobel per la pace 20 anni prima di Abiy, sta inoltre riabilitando strutture sanitarie (un terzo secondo l’Onu ora funziona) distrutte o saccheggiate, fornendo farmaci e dispositivi medici. Msf sottolinea il rischio «considerevole » di un’ampia diffusione della malnutrizione con gravi conseguenze epidemiologiche e per i parti.
Proseguono anche le denunce di stupri di massa commessi da truppe federali e asmarine, anche questi usati come arma di guerra. Unfpa, agenzia Onu, sostiene che quanto finora rivelato da report e media internazionali è la punta dell’iceberg. Si tace per vergogna e solo il 23% delle sopravvissute ha il coraggio di denunciare.