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Nigeria / Intervista. La religiosa: «Le ragazze vittime due volte»

Anna Pozzi mercoledì 7 settembre 2016
Fondato nel 1999, il Committee for the Support of the Dignity of Women (Comitato per il supporto della dignità della donna, Cosudow) è un’espressione della Conferenza delle religiose nigeriane e, di fatto, è il “braccio” della Chiesa locale, che si occupa del traffico di persone, in particolare di giovani donne, vendute sui mercati europei per la prostituzione coatta. Sin dall’inizio, il Cosudow ha lavorato in stretta collaborazione con le religiose italiane, in particolare, con l’Ufficio “Tratta donne e minori” dell’Usmi, coordinato per quasi vent’anni da suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata. Attualmente, rappresenta un importante sostegno nella realizzazione di un progetto di rimpatri assistiti sociolavorativi, realizzato dall’associazione “Slaves no More”, con il supporto di Caritas Italiana e i fondi della Cei. Suor Bibiana Emenaha, delle Figlie di San Vincenzo de’ Paoli, ne è attual- mente la coordinatrice, oltre a essere responsabile dello shelter di Benin City, realizzato dieci anni fa, anche in questo caso con il contributo della Conferenza episcopale italiana.Suor Bibiana, in cosa consiste il vostro lavoro?Moltissime ragazze portare in Italia e in altri Paesi europei vengono da Benin City, capitale di Edo State. Ecco perché questo shelter è stato costruito qui ed ecco perché continuiamo ad accogliere le donne che tornano volontariamente o, in alcuni casi, che sono state deportate. Con loro cerchiamo di implementare progetti di reintegrazione nella società nigeriana, cercando di coinvolgere il più possibile anche le famiglie. Ma non è facile.Perché?Spesso le famiglie non sono contente che le loro figlie ritornano, soprattutto se rientrano forzatamente e a mani vuote. Ma anche quando tornano volontariamente talvolta le famiglie le rifiutano perché, quando stavano all’estero, rappresentavano una fonte, spesso l’unica, di sostentamento. Non importa se venivano sfruttate o ridotte in schiave per il mercato del sesso. Molte non lo sanno o non vogliono sapere. L’importante è che mandino soldi a casa. Abbiamo avuto casi di genitori che hanno spinto le ragazze a intraprendere di nuovo il viaggio attraverso il deserto e il Mediterraneo per tornare in Europa. Pensano che sia l’unico modo per sopravvivere.E voi cosa fate?Cerchiamo innanzitutto di fare sensibilizzazione per prevenire che queste ragazze partano e finiscano inevitabilmente nelle mani dei trafficanti. Dall’altro lato, però, lavoriamo molto anche sul versante dell’accoglienza di quelle che ritornano. Spesso, però, quando rientrano sono piene di rabbia e frustrazione. Dopo tanti anni passati su una strada, usate e abusate, sono violente e aggressive, faticano a rispettare le regole minime di convivenza, sono impazienti di avviare il loro business e di guadagnare qualcosa. Ma spesso non hanno gli strumenti per farlo. Per questo, in genere, chiediamo loro di fare un training professionale o di completare almeno la scuola primaria. Vorremmo che mettessero basi solide per costruirsi una vita libera e dignitosa qui nel loro Paese.Insomma, non solo denaro…Soldi, soldi, soldi… È un’ossessione qui in Nigeria. Tutto gira attorno ai soldi. Anche molte ingiustizie e sperequazioni. I soldi sono importanti, certo; la maggior parte della gente sopravvive a malapena. Ma non si può fare un progetto per il futuro di queste ragazze incentrato solo sui soldi. Altrimenti, alla prima difficoltà, crolla tutto. La cosa più importante è che queste donne ritrovino la loro dignità. Una volta che hanno riacquistato fiducia in se stesse e dignità, possono fare qualsiasi cosa desiderano.