Altre guerre. Belucistan, il conflitto a bassa intensità che ha causato 23mila morti
Un soldato pachistano in Balucistan dopo un attacco del Balochistan Liberation Army (BLA)
Molti la considerano «un’insurrezione a bassa intensità», invece si tratta di un conflitto in sospeso che ha lasciato dal 27 marzo 1948 (ossia da 27.097 giorni) non meno di 23mila morti. Il teatro si chiama Belucistan, una regione che si estende su parti del territorio dell’Iran, del Pakistan e dell’Afghanistan.
La regione fu divisa nel XIX secolo in un Est sotto controllo britannico e un Ovest rimasto sotto l’Impero persiano. L’Est ha goduto di una certa autonomia fino alla sua annessione forzata al Pakistan dopo la partizione del 1947 e da allora è perennemente in lotta contro Islamabad per l’indipendenza.
L’ultimo episodio di violenza risale al 26 aprile scorso quando Shari Baluch, una maestra di 30 anni e madre di due bambini, si è fatta saltare vicino all’istituto Confucio, all’interno del campus dell’Università di Karachi, uccidendo quattro persone, tra cui tre insegnanti cinesi.
A rivendicare l’attentato, l’Esercito di liberazione del Belucistan (Bla), uno dei tanti gruppi separatisti che lanciano attacchi contro l’esercito pachistano, ma anche contro ciò che considerano come «simbolo dell’espansionismo economico, culturale e politico cinese» nel Paese. Pechino ha stanziato decine di miliardi di dollari per la sua ambiziosa Belt and Road Initiative (Iniziativa cintura e strada, detta anche la Nuova via della seta) che prevede un Corridoio economico Cina-Pakistan che va dallo Xinjiang fino al porto di Gwadar, nel Belucistan.
I separatisti nutrono risentimento nei confronti dei progetti minerari ed energetici, affermando che la gente del posto non riceve la sua giusta quota delle ricchezze della regione, e che anzi viene espulsa dalla sua terra.
Un anno fa, un attentato all’autobomba ha preso di mira un albergo di lusso di Quetta, il capoluogo della regione, in cui alloggiava l’ambasciatore cinese. Il diplomatico si è salvato per miracolo, ma ci furono quattro morti e 12 feriti.
In Iran la situazione dei beluci non è sicuramente migliore, anche in considerazione delle discriminazioni subite come musulmani sunniti in un Paese che eleva lo sciismo a dottrina ufficiale. Neanche qui mancano le motivazioni economiche. La provincia orientale di Sistan-Balocistan in cui vivono circa due milioni e mezzo di beluci vanta sorprendenti risorse naturali, ma ha il più basso reddito pro capite dell’Iran.
La maggior parte degli agguati contro i pasdaran e le guardie di frontiera iraniane sono rivendicati da Jeish-al-Adl (l’Esercito della giustizia) che si è rafforzato dopo che nel 2010 è stato arrestato e poi impiccato Abdolmalek Righi, capo dei rivali Jundullah (Soldati di Dio). Attacchi cui Teheran risponde con la repressione indiscriminata.
Nel suo ultimo rapporto annuale, Amnesty International ha denunciato che il 19 per cento delle condanne a morte eseguite in Iran nel 2021 (ossia 60 su 314) abbia interessato dei beluci nonostante questa minoranza rappresenti solo il 5 per cento della popolazione.
Gli esperti temono che il trattamento ricevuto dai beluci su entrambi i lati del confine possa portare a un’alleanza tra i diversi gruppi separatisti, laici e sunniti.