Usa. Lasciato morire in Texas un altro baby-migrante
È rimasto sdraiato sul pavimento della sua cella per ore, in agonia, nonostante le guardie del centro per immigrati dove era detenuto siano passate a fare ben tre «controlli». Così Carlos Hernandez Vasquez, guatemalteco, è morto solo, di una curabilissima influenza, a 16 anni. È il sesto minore a perdere la vita in meno di un anno mentre si trovava in custodia americana, sotto la responsabilità del dipartimento per la Sicurezza nazionale, che lo aveva incarcerato per avere attraversato illegalmente il confine fra Messico e Stati Uniti.
Carlos è morto il 20 maggio scorso. La sua scomparsa è venuta alla luce mesi più tardi. Ma solo ora si apprende, grazie a un agghiacciante video, in quali condizioni ha passato le sue ultime ore nella stazione di frontiera di Weslaco, in Texas, nonostante fosse malato. Le immagini, pubblicate dal sito giornalistico indipendente ProPublica, mostrano il sedicenne alzarsi dal letto e crollare al suolo, poi contorcersi all’interno della cella che condivideva con un altro ragazzo, circondato da una pozzanghera di sangue, prima di smettere di muoversi. Sarà il suo compagno di cella a trovarlo così, alle 6.05, e a dare l’allarme, ma ogni tentativo di rianimazione si rivelerà vano. I registri delle guardie indicano che un agente ha eseguito un controllo alle 2.02, alle 4.09 e alle 5.05.
L’agenzia responsabile per le frontiere (Customs and border protection) e il dipartimento per la Sicurezza nazionale Usa hanno aperto un’inchiesta per «garantire che tutte le procedure siano state seguite». Ma l’ex commissario della Customs and border protection, John Sanders, si è detto convinto che il governo degli Stati Uniti «avrebbe potuto fare di più» per prevenire la morte di Hernandez e degli almeno altri cinque bambini deceduti. «Il governo americano ha fallito», ha detto Sanders, che si è dimesso a giugno quando è emerso che le autorità di confine Usa detenevano decine di migliaia di immigrati senza documenti, anche minori, per periodi ben più lunghi del massimo di 72 ore stabilito per legge. Una pratica risultata da un ordine dell’Amministrazione Trump che intendeva porre fine al «rilascio facile» dei nuovi arrivati. Ma i centri di detenzione non erano attrezzati per trattenere le persone a lungo termine e le condizioni si sono alla svelta deteriorate. Le immagini di decine di persone, anche bambini, stipate in celle senza acqua potabile o docce hanno suscitato indignazione in tutto il mondo, così come i filmati di ragazzini che si prendono cura di bambini più piccoli, sporchi e piangenti.
Da allora il numero dei detenuti si è ridotto grazie all’implementazione della politica “Restare in Messico”, in base alla quale il governo Usa ha rimandato oltre 55mila immigrati dall’altra parte del confine, in squallidi campi, ad attendere il risultato della loro domanda di asilo. Intanto il Wall Street Journal rivela che ci sarebbero almeno 1.200 bambini in più separati dai genitori (oltre ai 4.300 dei quali si aveva già notizia). E poiché il ministero per la Sicurezza nazionale non ne ha tenuto traccia, è impossibile sapere quanti sono stati riuniti con i genitori, come ordinato da due giudici federali.