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Corsa alla Casa Bianca. L'America degli ultimi non vota: gli homeless azzoppano Kamala

Giorgio Ferrari, Detroit (Michigan) domenica 13 ottobre 2024

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Una fauna urbana vagola inebetita dal clima subtropicale di questa estenuata coda d’estate. Sono corpi abbandonati, fantasmi, zombie. Prevalentemente bianchi, ma attraversando questo Stige di anime perse che spesso si celano sotto cumuli di stracci, carrelli della spesa rovesciati, tappeti fradici di pioggia non mancano latinos, asiatici, neri. È l’America dei morti viventi, gli stessi in cui ci si imbatte a Pittsburgh e a Filadelfia in Pennsylvania, a Cleveland e a Toledo nell’Ohio. Chi sono? Sono i figli del fentanyl, gli ultimi, quegli americani aventi diritto di voto – parola grossa, viste le condizioni in cui vivono – che a votare non ci andranno mai. Non ne hanno la forza prima ancora che l’intenzione. E nemmeno la volontà.

Per i senzatetto, per gli zombie degli oppioidi,
per le centinaia di diseredati
che languiscono sotto i ponti
e negli androni di Detroit, le elezioni sono un lusso

L'America sta vivendo un incubo, devastata da una crisi senza precedenti che spezza vite e famiglie in ogni angolo del Paese. Il fentanyl, un oppioide sintetico più potente e insidioso di quanto si potesse immaginare, si è insinuato nelle comunità, lasciando dietro di sé una scia di morte. È come una tempesta che non dà mai tregua, e ogni giorno nuove vittime vengono travolte. Nell’ultimo anno più di centomila persone sono morte per overdose, un numero straziante che continua a crescere. Non sono solo numeri, ma vite, persone amate che non torneranno mai più. Detroit, capitale del più incerto degli “Swing States”, non è mai stata una città fortunata. Tempi lontani affiorano alla memoria. Ma oggi pochi ricordano la megalopoli a maggioranza nera raccontata dallo scrittore nato a Detroit Jeffrey Eugenides nel suo romanzo Middlesex e da Clint Eastwood nel film Gran Torino, capitale dell’automobile e insieme del suo funerale. Sono scomparse le tracce della violenta rivolta razziale della 12ma Strada del 1967, quando il recinto urbano era grande due volte Manhattan e nel 1950, all’apice della sua parabola industriale, contava un milione e 850 mila abitanti ed era soprannominata “The Great Arsenal of Democracy”. Oggi Detroit raccoglie a stento una popolazione che non arriva a 750mila anime e a dispetto dell’accurata cosmesi con cui è stata magnificata come “città-giardino” è solo la capitale di un enorme disagio che si estende da Filadelfia a San Francisco.

«Il fentanyl – dice Artee Lewis, ufficiale dirigente dell’Esercito della Salvezza – non risparmia nessuno. Giovani, padri, madri, ragazzi che cercano solo di evadere dalla sofferenza quotidiana, finiscono per cedere a una sostanza che non lascia scampo. Basta una dose minuscola, a volte una sola volta, e il cuore si ferma. Molti non si rendono nemmeno conto che la stanno assumendo. Credono di comprare eroina, cocaina o persino farmaci, ma trovano la morte in polvere. L'orrore più grande è proprio questo: la maggior parte delle vittime non sapeva nemmeno di essere in pericolo. Pensavano di poter controllare la loro dipendenza o, nel caso di alcuni giovani, che fosse solo un esperimento. Ma il fentanyl non concede seconde possibilità». Ma come è cominciato tutto ciò? Chi lo ha consentito? Chi ha tolto l’umana dignità a decine di migliaia di sventurati, come l’inguardabile larva umana in posizione fetale a ridosso di un semaforo, l’occhio vitreo che mi guarda senza vedermi? A privargliela è stata una delle operazioni commerciali su vasta scala meno onorevoli di ogni tempo. Quella che indusse centinaia di medici di base a prescrivere l’OxyContin, un analgesico prodotto dalla Purdue Pharma, parente stretto del Fentanyl, l’oppioide antidolorifico che dà immediata dipendenza e poche speranze di uscirne. Il fenomeno ha rilevanza nazionale.


«Qui il fentanyl – dice Artee Lewis,
ufficiale dirigente dell’Esercito della Salvezza –
non risparmia nessuno. Giovani, padri, madri,
ragazzi che cercano solo di evadere
dalla sofferenza quotidiana, finiscono per cedere
a una sostanza che non lascia scampo»



Lo scorso anno la scrittrice Barbara Kingsolver si è guadagnata il Premio Pulitzer con un romanzo di formazione, Demon Copperhead, tragica e grandiosa epopea di un David Copperfield della nostra epoca, un giovane – come il suo nome suggerisce – dalla criniera di capelli color rame, che viene al mondo in una casa mobile sperduta negli Appalachi meridionali, figlio di una ragazza diciottenne che partorisce in solitudine con accanto una bottiglia di gin, anfetamine e oppioidi. Demon inizia la sua corsa a perdifiato attraverso la vita, sfreccia per le selve oscure dell’affido, del lavoro minorile, delle scuole fatiscenti, fino al sogno, e poi all’ebbrezza del successo atletico, con la conseguente caduta nella dipendenza. Un tragico identikit di centinaia di migliaia di sventurati, ultimi della fila di quella che un tempo si sarebbe chiamata ancora classe media e che ora si assiepano davanti ai nostri occhi alla stazione dei Greyhound, fra l'indifferenza dei servizi sociali e l'impossibilità di riscatto a causa di un sistema che si rifiuta di guardarli in faccia. Per Trump è solo un vantaggio. Gli zombie non votano, dunque non corrono il rischio di arricchire il carniere democratico. Il problema ce l’ha invece Kamala Harris, in difficoltà qui nel Michigan, dopo che si è dissolto il fragile armistizio con afroamericani e libanesi, molto critici per il tiepido atteggiamento della Harris nei confronti di Israele. «Molti fra gli afroamericani e la comunità libanese – scrive Donald Nauss sul Detroit News – hanno dichiarato guerra alla candidata alla Casa Bianca».

Ma se Kamala perde il Michigan, rischia di perdere tutto. Sono gli stessi dem a confermarlo, con una punta di apprensione. Restano i giovani. L’ultima volta hanno votato Biden, ma questa volta che faranno? Molti guardano a Jill Stein, settantaquattrenne leader dei Verdi, un milione di voti quando gareggiò con Hillary Clinton, in grado di sottrarre a Kamala consensi preziosi, soprattutto fra le nuove generazioni. «Potessero votare gli zombie di Filadelfia, di Pittsburgh, dell’Ohio, di Detroit – considerano con il necessario cinismo gli strateghi di Kamala -: ma quelli a votare non ci andranno mai. Forse anche il Michigan è già perduto».

«Non limitiamoci a definirli sbrigativamente homeless – dice Amy Stephenson, portavoce della Michigan Coalition against Homelessness, la più importante fra le organizzazioni non governative – perché dietro ognuna di queste vite spezzate c'è molto di più, c’è il riflesso di una crisi che brucia nel cuore dell'America da anni. Tutti questi homeless, queste vittime del fentanyl sono figli di un disastro più profondo, che si trascina da lontano: affitti che esplodono come bombe silenziose, case perdute per sempre nel crollo devastante dei mutui subprime. È un'America dimenticata, una realtà che molti preferiscono non vedere, perché guardarla significa affrontare il fallimento collettivo di un intero sistema».

Scende la sera su Detroit. L’aria umida e liquorosa lascia il posto a una brezza tiepida e sottile. Il sabato del villaggio porta frotte di giovani a downtown, un turbinio di motociclette che rombano come titani sul ring di One Kennedy Square, una girandola di cellulari che eruttano musica, ragazze dagli abiti variopinti con unghie lunghe dieci centimetri, lo struscio gioioso di latinos in ghingheri, la polizia stradale agli angoli degli incroci che contempla impassibile gli eccessi goliardici di una gioventù smaniosa. «Posso farti vedere una cosa?, dice Rich, che mi ha accompagnato nei meandri del sabato sera e mi ha recuperato davanti al ristorante tex-mex che mi ha consigliato. Rich, cinese di 45 anni, è cittadino americano, ha moglie e due figli. Salgo sul suo minivan. Rich mi porta sulla sponda del fiume Detroit, sotto l’ala scura dell’Ambassador Bridge.

«Dall’altra parte del fiume c’è il Canada, la cittadina di Windsor, l’Ontario». Ti piacerebbe abitare lì? «Me lo sogno di notte, ma il Canada accoglie cittadini americani solo sopra una certa soglia di reddito. Non la mia, in ogni caso». Chi voterai? «Kamala Harris. Ma servirà a poco. Il Michigan, Detroit sono lande desolate». È notte. Per gli homeless, gli zombie del fentanyl, le centinaia di diseredati che languiscono sotto i ponti e negli androni, per i fortunati e gli inconsapevoli che ignorano questa pestilenza sociale e per i sognatori come Rich. Fra le nubi gelatinose s’intravedono a malapena le stelle.