Il vertice. «L'Africa è il nuovo fronte del Daesh»
«Fist bump» (pugno contro pugno) tra il segretario di Stato americano Antony Blinken (a sinistra) e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio all’arrivo al vertice di Roma
L’Africa è il nuovo fronte caldo della lotta contro il Daesh e gli Stati Uniti sostengono con forza l’idea dell’Italia di un gruppo di lavoro per arginare l’avanzata del gruppo estremista nel continente. Pur sullo sfondo di un disimpegno generale americano dai Paesi dove il fronte di lotta contro l’organizzazione fondamentalista resta aperto, come Siria e Iraq, Washington si dice impegnata a fianco degli alleati europei nel contenimento del terrorismo islamico.
Da Roma, nel corso della riunione ministeriale della Coalizione globale contro il Daesh tenutasi ieri, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha infatti condiviso la «forte preoccupazione » dei padroni di casa per l’espansione del Daesh e per il bisogno di non abbassare la guardia.
Dopo aver fatto il punto su come rimodulare la lotta contro un nemico sfuggente ma ancora pericolosissimo, il summit romano ha infatti chiuso i lavori con la determinazione a «compiere ogni sforzo possibile per scongiurare una rinascita del Daesh in Siria e Iraq», e a concentrarsi allo stesso tempo sul nuovo fronte dell’Africa sub-sahariana. Inquieta in particolare la regione del Sahel, teatro di carneficine sempre più sanguinose, e il consolidarsi dell’insurrezione jihadista in Mozambico e nel Corno d’Africa. «Il Daesh non controlla più il territorio e quasi otto milioni di persone sono state liberate dal suo potere in Iraq e Siria – si legge nel comunicato congiunto – ma la minaccia resta. Questo richiede una forte vigilanza e un’azione coordinata». Il vertice ha preso atto della rapidità con la quale le cellule terroristiche si stanno espandendo «su un’area del mondo sempre più vasta, grazie a una propaganda online penetrante che va contrastata con la stessa determinazione di una controffensiva militare». Il Daesh «è stato respinto in Iraq e in Siria, ma non sconfitto, e in altre regioni il gruppo sta guadagnando influenza – ha ribadito il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas –. Ma non cederemo di un centimetro di fronte ai terroristi, neanche in Africa». Blinken ha evidenziato poi il rischio di trascurare ancora a lungo la situazione dei foreign fighters detenuti in Siria, invitando gli alleati a fare di più per risolvere il problema degli oltre 10mila prigionieri chiusi nei campi, fra i quali terroristi pericolosi, ma anche un gran numero di donne e bambini.
«Questa situazione è semplicemente insostenibile, non può continuare in modo indefinito – ha avvertito il segretario di Stato Usa – gli Stati Uniti continuano a esortare i Paesi di origine, inclusi i partner della coalizione, a rimpatriare, riabilitare o, quando possibile, perseguire, i loro cittadini». Il capo della diplomazia di Washington ha menzionato l’Italia fra «i pochi Paesi dell’Europa occidentale» che si sono mossi in questa direzione. Il contesto ideale per rispondere alle nuove minacce terroristiche per gli Usa resta la Nato, che va «rivitalizzata», a detta di Blinken, che ha spiegato di aver discusso tale tema con Italia, Francia e Germania in vista del G20 di oggi. Il ruolo della Nato è emerso con forza anche per l’Iraq, in vista del concordato ritiro degli ultimi 2.500 soldati Usa presenti nel Paese proprio in funzione anti- terrorismo. «I ministri – dice ancora il comunicato – hanno accolto con favore l’espansione incrementale della missione di consulenza, addestramento e rafforzamento delle capacità della Nato in Iraq», missione che a breve sarà guidata dall’Italia. La prossima ministeriale della Coalizione globale dovrebbe tenersi entro giugno 2022, mentre una riunione dei direttori politici a Bruxelles è prevista in autunno.
Da sapere. La Coalizione del 2014
La Coalizione globale contro il Daesh è stata formata nel settembre 2014 per combattere e sconfiggere il Daesh. Ne fanno parte 83 membri, tra cui l’Italia. Oltre alla campagna militare in Siria e in Iraq, la Coalizione ha contrastato le infrastrutture finanziarie ed economiche della formazione terroristica, gli spostamenti dei foreign fighters e il proliferarsi della propaganda estremista. Ha inoltre sostenuto i servizi pubblici essenziali nelle aree liberate.