Guerra. Strage di opere d'arte in Libano: per l'Unesco attacchi «spesso volontari»
Bombardamenti su Baalbek
Le vite umane prima di tutto, ovviamente. Ma sui vari teatri di guerra in Medio Oriente un inestimabile patrimonio culturale rischia di scomparire davanti ai nostri occhi. Le immagini trasmesse ieri da una tv libanese mostrano le macerie di altri edifici di Baalbek, nella valle della Beqaa, appena centrati da missili israeliani. A circa trecento metri, dietro la densa nube di fumo, si intravede il tempio di Giove, il monumento più iconico del Libano.
I continui bombardamenti a Baalbek e Tiro stanno resuscitando i fantasmi delle devastazioni che hanno interessato, dieci anni orsono, vari centri di interesse storico in Siria e in Iraq, da Palmira ad Aleppo e da Ninive a Nimrud e Hatra. Allora, la furia iconoclasta del Daesh si era abbattuta su bassorilievi assiro-babilonesi, templi romani, monasteri cristiani e mausolei sufi, distruggendo con mezzi rudimentali monumenti considerati simbolo di idolatria: qui con l'esplosivo, là con le ruspe, là ancora a colpi di piccone. Oggi, il “lavoro sporco” è affidato ai missili. In teoria, i raid sono diretti contro obiettivi situati al di fuori dei parchi archeologici, ma il rischio di provocare il crollo di interi monumenti antichi situati a pochi metri è, a detta di molti esperti, altissimo.
L’Unesco, sul Web, denuncia «attacchi spesso volontari, in quanto luoghi identitari, allo scopo di minare la coesione sociale». In questo desolante contesto, il Comitato per la protezione del patrimonio culturale dell'organizzazione ha convocato per il 18 novembre una riunione straordinaria dedicata al Libano per sollecitare le parti a rispettare i termini della Convenzione dell'Aja che disciplinano la protezione dei beni archeologici e culturali in caso di conflitto armato. Una protezione, questa, che riguarda in maniera particolare il nostro Paese. La Cooperazione italiana ha contribuito negli ultimi anni al restauro e alla riqualificazione di diversi siti libanesi di interesse storico attraverso finanziamenti per oltre 15 milioni di euro.
A Baalbek – dichiarata nel 1984 Patrimonio dell'umanità dall'Unesco – esperti italiani hanno lavorato per due anni sul recupero e il consolidamento del colossale colonnato del tempio di Giove, riconsegnando nel maggio 2023 alle autorità libanesi, e a tutta l’umanità, un tesoro di impareggiata bellezza. A rischio distruzione anche l'ippodromo romano della città di Tiro, sottoposta da un paio di settimane a intensi raid. Raso, invece, al suolo il mercato di Nabatieh, risalente all'epoca mamelucca.
Secondo il Washington Post, si contano nove siti religiosi distrutti, tra cui la chiesa di San Giorgio a Yaroun. «Sembra che le forze israeliane – scrive il quotidiano – abbiano fatto pochi sforzi per risparmiare i siti religiosi e che in alcuni casi si siano rallegrate della loro distruzione». Da qui la necessità di un'efficace azione di salvaguardia.
Lo scorso luglio, l'Unesco ha deciso di iscrivere il monastero di Sant’Ilarione di Gaza, risalente al IV secolo, alla Lista del patrimonio mondiale in pericolo, per mitigare gli effetti del conflitto sul patrimonio culturale. Una goccia nel mare. Al 10 giugno, la stessa Unesco ha verificato danni a 50 siti culturali palestinesi, tra cui 11 siti religiosi, 28 edifici di interesse storico o artistico e un museo.