Usa. E se Biden rinunciasse? Ecco i possibili scenari
Joe Biden al vertice Nato. Accanto a lui Zelensky
È possibile sostituire Biden?
Le regole del partito democratico rendono molto difficile, ma non impossibile, sostituire un candidato senza il suo consenso. Farlo equivarrebbe a ribaltare i risultati delle primarie, durante le quali la stragrande maggioranza degli elettori democratici ha votato per Joe Biden, che ha vinto quasi il 99% dei delegati. Ma proprio perché sono i delegati — leader del partito a vario livello che sono attribuiti ai candidati in base alle preferenze ricevute alle urne — e non direttamente gli elettori, a scegliere il vincitore, loro stessi possono decidere di votare per qualcun altro durante la convention del partito. Ma non è chiaro come potrebbero mettersi d’accordo. Più probabilmente, se Biden dovesse ritirarsi o essere spinto da parte prima della sua nomina formale prevista per agosto, si creerebbe una situazione di tutti contro tutti tra i democratici.
Perché Harris ha poco gradimento?
Competenza e sicurezza non sono stati i temi prevalenti della vicepresidenza di Kamala Harris e il suo gradimento polare lo riflette. A essere soddisfatti del loro vicepresidente sono circa il 35% degli americani — in aumento rispetto al 32% dello scorso anno. La percentuale di coloro che non amano la vicepresidente è la più alta nella storia americana. Il suo primo anno di lavoro è stato caratterizzato da scivoloni verbali, grosso turnover del personale, passi falsi politici e nessun risultato tangibile. Tanto che Biden dovette rilasciare una dichiarazione in cui insisteva di aver fiducia in lei. Ma la reputazione di Harris non si è mai ripresa del tutto. Non ha aiutato che Biden le abbia affidato la gestione delle politiche sull’immigrazione, un tema spinoso sul quale Harris non ha fatto progressi.
Chi sono i possibili sostituti?
Oltre a Kamala Harris, almeno due importanti potenziali sostituti di Biden – il governatore dell’Illinois J.B. Pritzker (il miliardario erede degli Hyatt Hotels distintosi per i suoi insulti taglienti contro Trump), e il governatore della California Gavin Newsom – hanno affermato di voler rimanere al fianco del presidente. Ma le voci continuano a correre. Oltre ai due si parla anche della governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, che è diventata una stella del partito democratico dopo che Trump l’ha chiamata «quella donna del Michigan». In lizza anche un altro governatore, Josh Shapiro della Pennsylvania, ex procuratore generale dello Stato noto come un leader misurato che enfatizza i compromessi bipartisan. Infine Il ministro dei Trasporti Pete Buttigieg e i senatori Cory Booker del New Jersey e Amy Klobuchar del Minnesota.
Michelle Obama è un’opzione o no?
In base ai sondaggi, Michelle Obama è l’unico rappresentante del partito democratico in grado di sconfiggere Donald Trump nella corsa alla Casa Bianca. Un rilevamento Reuters e Ipsos ha confermato ieri che l’ex first lady batterebbe Trump di dieci punti percentuali, mentre nessun altro contendente potrebbe vincere contro il repubblicano. Ma la moglie del primo presidente nero della storia americana ha ancora una volta respinto le richieste di scendere in campo. «Come l’ex First Lady ha espresso più volte nel corso degli anni, non si candiderà alla presidenza — ha detto ieri il suo portavoce —. Michelle intende sostenere la campagna di Biden, concentrandosi sull'affluenza alle urne». Nonostante i ripetuti rifiuti, la popolarità di Michelle continua a crescere.