Ankara. Turchia al voto. È testa a testa e Erdogan promette: se perdo me ne vado
Lo sfidante: Kilicdaroglu
La Turchia domenica va al voto e non è mai stata più divisa di così. Non solo fra chi sostiene il presidente della repubblica, Recep Tayyip Erdogan, e il capo dell’opposizione, Kemal Kilicdaroglu, ma anche fra chi è sicuro che saranno elezioni tranquille e chi teme che subito dopo possano scoppiare proteste o addirittura qualcosa di peggio. L’unica certezza è che oggi andranno alle urne milioni di persone e che sarà una lotta all’ultimo voto. Il Capo dello Stato nella prima parte della campagna elettorale, spesa soprattutto nelle zone del terremoto, ha puntato tutto sulla ricostruzione post sisma e la ripresa dell’economia, il tema per eccellenza di queste elezioni. Oggi è venuto fuori l’Erdogan più radicale, che ha chiuso i suoi comizi con la preghiera della sera a Santa Sofia, da lui trasformata in moschea nel 2000, e che prima è tornato a Kasimpasha, sulle rive del Corno d’Oro e dove è nato, 69 anni fa.
Un Erdogan quasi intimista, che ha ricordato la sua infanzia, in una famiglia turca come tante altre e le sue partite al pallone nella piazza di Okmeydani. Poi, però, è partito l’affondo all’opposizione e il tono è diventato incendiario. Si è rivolto direttamente al suo avversario, Kemal Kilicdaroglu, chiamandolo per nome, accusandolo di aver stretto patti con i terroristi, nello specifico, i curdi del Pkk, e con chi vuole minare l’unità nazionale. Un presidente sicuro di sé, convinto di chiudere la contesa elettorale al primo turno, e di non dover aspettare il ballottaggio del 28. Ma a Istanbul l’aria è tesa. Alle quasi 50mila persone che si sono recate a Kasimpasha, Erdogan ha chiesto di «non accettare provocazioni», facendosi promettere di «non partecipare a scontri».
Il reis ha affermato di «essere pronto ad accettare il risultato» di una possibile sconfitta, ma subito dopo ha aggiunto: «Domani sera usciremo per le strade a festeggiare», davanti a una folla in delirio, con tantissime donne e bambini, che scandivano a gran voce lo slogan «Tek Millet, tek bayrak, tek vatan», un solo popolo, una sola bandiera, una sola patria.
Il presidente Erdogan - ANSA
Nell’altra Turchia, quella che sostiene Kilicdaroglu, e che è formata da una coalizione dagli orientamenti politici diversi, con l’appoggio esterno dei curdi, la parola d’ordine è prudenza. Oggi il capo dell’opposizione ha tenuto il suo ultimo comizio ad Ankara. Un bagno di folla, nel quale Kilicdaroglu ha parlato di pace e di una Turchia dove lui è pronto ad ascoltare tutti. «I giovani e le donne di questo Paese cambieranno un governo autoritario con mezzi democratici» ha detto, rassicurando subito dopo che non ci saranno brogli: «Lavoriamo per la sicurezza delle urne elettorali da 1,5 anni. Abbiamo testimoni e rappresentanti in tutti i seggi». Una tranquillità che contrasta con le catene di messaggi che circolano da giorni sui telefoni e sulle principali piattaforme social nei quali si chiede di non manifestare troppo la propria posizione politica, di votare e di andare subito a casa. Qualche messaggio, particolarmente inquietante, consiglia anche di non uscire per tutto lunedì. Nel Paese, c’è chi bolla tutto ciò come una paranoia inutile e chi ritiene che, nonostante tutto, la Turchia sia una democrazia matura, in grado di accettare qualsiasi risultato elettorale uscirà dalle urne. Sarà anche un caso, ma ieri era difficile trovare qualcuno che di dichiarasse a favore di Kilicdaroglu, nonostante nei sondaggi il candidato dell’opposizione nella megalopoli sul Bosforo sia attestato a un 49% contro il 43% di Erdogan. «C’è molta tensione – spiega Gulsah, studentessa che voterà il Chp –. Ma io credo che alla fine non ci saranno disordini. Questa volta siamo davvero troppi a volere che Erdogan se ne vada».
Per i sondaggi, il presidente è davvero a rischio. E se la passa male anche chi i sondaggi li fa: Kemal Ozkiraz, fondatore dell’istituto Avrasya che ha previsto una sconfitta del reis e la vittoria di Kilicdaroglu al primo turno, è stato messo in custodia cautelare ad Ankara. Per strada si incontrano tante persone che rivoteranno Erdogan, riconoscenti per quello che ha fatto in questi anni e accusando Kilicdaroglu di non avere un programma e aver stretto un accordo con curdi e Stati Uniti. Ce ne fosse uno che parli di diritti umani.