«Pulizia etnica». Tre quarti degli armeni «fuggiti per sempre» dal Nagorno-Karabakh
La fila dei veicoli della gente in fuga dal Nagorno-Karabakh al confine con l'Armenia
Sono ormai oltre 100mila in fuga, oltre il confine dell’Armenia: il disegno di pulizia etnica del Nagorno-Karabakh è evidente realtà. Dopo l’«operazione anti-terrorismo» realizzata in 24 ore di furiosi bombardamenti dall’Azerbaigian, che hanno risolto il “conflitto congelato” da oltre 30 anni, l’ordine di evacuazione forzata della popolazione civile prosegue inesorabile. Macchine malconce, autobus e trattori stracolmi: tutto serve a fuggire con solo quello che si ha addosso attraverso corridoio di Lachin riaperto dopo nove mesi di blocco messo in atto dalle forze di Baku. Rerstrizioni «contro il terrorismo» nella vergognosa inazione della comunità internazionale. Il governo di Erevan ora manda dei bus per accogliere i profughi, ma alla frontiera il generale Levon Mnatsakanyan, ex comandante delle forze separatiste armene, è fermato ed arrestato: pure lui, come l’ex premier Vardanyan, accusato di terrorismo.
L'allarme parte dall'Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) Filippo Grandi per il numero di sfollati superiore a 100mila persone" è grande. "Molti sono affamati, esausti e hanno bisogno di assistenza immediata", ha sottolineato Grandi sui social, dove ha riferito che, nonostante l'Unhcr e altre organizzazioni abbiano intensificato il loro sostegno all'Armenia, "l'aiuto internazionale è necessario urgentemente".
Profughi del Nagorno-Karabakh arrivano al villaggio di Kornidzor appena oltre il confine armeno - Reuters
Erano 120mila gli armeni dell’enclave contesa e che non ne resterà nessuno nel giro di pochi giorni lo confermano indirettamente le Nazioni Unite: «Siamo pronti a far fronte a più 120mila persone: è molti difficile dire quanti alla fine si troveranno in questa situazione» afferma Kavita Belani, rappresentante Acnur in Armenia. «Dopo nove mesi di blocco, saranno pieni di ansia, spaventati e vorranno delle risposte», aggiunge. E una missione Onu arriverà in Nagorno-Karabath questo fine settimana: è la prima da 30 anni. Emergenza per cui anche Caritas Italiana è mobilitata «con la Caritas locale, per far fronte alle prime necessità», afferma il direttore don Marco Pagniello. Si prevede che alla fine saranno almeno 40mila gli armeni che, senza parenti che possano ospitarli, necessiteranno di un alloggio. Emergenza umanitaria e ricerca di pesantissime responsabilità politiche: «Avevamo avvertito la comunità internazionale che sarebbe avvenuto» denuncia il premier armeno Nikol Pashinyan. Ma sono in molti nella diaspora armena a denunciare come prima causa della fine del Nagorno-Karabath la sua irresponsabile condotta politica. L’attacco dell’Azerbaigian, con uno strapotere di uomini e mezzi rispetto alle forze dell’autoproclamata repubblica del Nagorno, è avvenuto mentre gli armeno partecipava per la prima volta ad una esercitazione con un contingente statunitense.
Un allontanamento graduale dal 2018, cioè da quando il governo di Erevan ha guardato sempre più insistentemente a Occidente irritando la Russia, suo tradizionale alleato e garante. Un “giro di boa” diplomatico ma senza avere maturato necessarie garanzie di aiuti da parte di Washington. Uno strappo ormai insanabile: ieri il ministro della Difesa armeno Suren Papikyan ha disertato la riunione dei ministri della Difesa dei Paesi della Csi in corso a Tula, in Russia. Dopo che il contingente di pace di 2mila soldati russi, dal 2020 schierato in Nagorno-Karabath non ha fatto nessuna resistenza all’operazione degli azeri, l’isolamento dell’Armenia nella regione appare evidente. «Dato che la missione è ora sul territorio dell'Azerbaigian, questo sarà oggetto della nostra discussione con la parte azera» ha fatto sapere il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov preannunciando di fatto un prossimo disimpegno totale della Russia. Il voto di condanna del Parlamento europeo non darà certezze all’Armenia che ora, sempre più stretta fra Azerbaigian e Turchia, potrebbe essere oggetto di nuove rivendicazioni territoriali. Dall’Aia il procuratore del Tpi Moreno Ocamo parla di «genocidio». E di certo sarà pure “genocidio culturale” contro le testimonianze culturali dei cristiani del Nagorno-Karabath.