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L’impegno in Turchia. La Pasqua dell'Anatolia unisce il piccolo gregge

Luca Geronico domenica 1 aprile 2018

Bimbo siriano con un sacchetto di aiuti per la sua famiglia: Caritas e Ong Focsiv forniscono ogni giorno generi alimentari

Un piccolo gregge, «una Chiesa di minoranza che ha accettato la sua storia, non fa drammi, ma è consapevole e contenta della sua situazione», spiega monsignor Paolo Bizzeti, vicario apostolico dell’Anatolia. È un piccolo gregge spesso in povertà, quello della Chiesa in Turchia, ma forse per questo «molto contento di poter vivere la Pasqua», sia pure in situazioni diverse. A Mersin vi è una piccola parrocchia con poco meno di 200 cristiani che frequentano regolarmente le celebrazioni eucaristiche. Per i cristiani iracheni e siriani profughi nel Nord della Turchia, come anche in Cappadocia, «la Pasqua si celebra quando un prete riesce a raggiungerli». Gruppetti di rifugiati cristiani di vario rito, che vorrebbero essere visitati più spesso. «La domenica delle Palme – spiega monsignor Bizzeti – l’ho passata con una di queste comunità: un sacerdote che conosce l’arabo ha celebrato assieme a me la Messa in un salone per banchetti affittato per l’occasione».

Altri rifugiati celebreranno la Pasqua con altre Chiese cattoliche o ortodosse. «La povertà di mezzi accelera l’ecumenismo e ad Antiochia, da 15 anni ormai, cattolici e ortodossi celebrano la Pasqua lo stesso giorno: quest’anno sarà l’8 aprile». Altri, dispersi in remoti villaggi, non sarà possibile raggiungerli. «Vorremmo poter essere vicini con il nostro servizio pastorale, ma al momento la nostra Chiesa ha povertà di sacerdoti, religiose e non ci sono laici preparati», prosegue Bizzeti. Non potendo assicurare una presenza pastorale costante, la Chiesa dell’Anatolia cerca di essere vicina ai più poveri con piccoli ma molto significativi gesti di carità. E domenica è stata Pasqua anche per i cristiani iraniani e afghani, profughi in Turchia, che regolarmente ascoltano via skype la catechesi in persiano trasmessa dagli uffici di Caritas Anatolia: circa 200 i cristiani che si collegano alla diretta, mentre la stessa lezione – quest’anno un ciclo di insegnamenti dedicati al Vangelo di Marco – pubblicata su Telegram raggiunge, in un mese, anche 500 visualizzazioni.

Intanto, da maggio dello scorso anno, Caritas Anatolia anche grazie al sostegno di Celim (Focsiv), ha ripreso le sue attività, drammaticamente cessate nel 2010 con l’assassinio di monsignor Luigi Padovese. A Iskenderun, per cinque giorni alla settimana, Caritas Anatolia consegna 142 pasti ad altrettante famiglie bisognose: 51 sono per rifugiati siriani, 23 a turchi cristiani e 67 a turchi musulmani. Un aiuto che, in località più distanti, viene realizzato con 200 buoni spesa. Inoltre due volte l’anno durante l’inverno, a 70 famiglie di Iskenderun, Ertzurum, Samandag, Yozgat viene distribuito il carbone. Altre 20 famiglie ricevono un sussidio per l’affitto.

«I poveri sono al centro della nostra attenzione, perché al centro dell’attenzione di Cristo, rappresentano Cristo», afferma il vicario apostolico dell’Anatolia. Una vicinanza pure sul piano educativo: Caritas Anatolia sostiene con borse di studio 76 studenti locali mentre il progetto di aprire una scuola cattolica è stato rimandato per alcune difficoltà burocratiche e di relazione con le autorità. Un lavoro educativo sconfinato perché solo il 10 per cento dei circa 3 milioni di profughi è accolto nei campi profughi statali che aprono le porte solo a chi si dichiara o si converte alla fede sunnita. Così il 90 per cento dei profughi è disperso in aree urbane e molti, specie se cristiani, rifiutano qualsiasi contatto con il sistema educativo statale. Per questo sono già attivi alcuni centri sociali di Caritas che forniscono attività educative sia ai minori che agli adulti. Un impegno di solidarietà e riconciliazione fra povertà e tensioni. Perché questa scelta, per un piccolo gregge? «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato...», risponde citando il Vangelo John Sadredin, direttore di Caritas Anatolia.