Coronavirus. La cooperazione all'epoca del Covid: «Ecco perché restiamo con gli ultimi»
Quelli che sono rimasti. Anche con il Covid 19, per continuare la loro impresa sociale, tenere aperto l’ambulatorio o la mensa, ancora più indispensabili ora in Cina, dove tutto è partito, o in Africa e Sudamerica dove, come ha dichiarato il direttore del Pam, David Beasley, si teme una «carestia biblica».
A Pechino, con l’ultimo aereo disponibile, assieme a un gruppo di operatori cinesi in Italia, a fine gennaio è rientrata pure l’équipe di Ovci - La Nostra Famiglia. Un “tuffo”, con due mesi di anticipo, fra mascherine e guanti mono uso per non lasciare soli i piccoli disabili cinesi. «L’obiettivo principale – spiega la neuropsichiatra infantile Alda Pellegri, presidente di Ovci (Focsiv) – è di sostenere l’Ong locale Womende Jiayuan che gestisce un Centro per la educazione e riabilitazione di bambini con disabilità».
La presenza in Cina di Ovci ha quasi dell’incredibile. Chiamata “oltre cortina” nel 1996 dalla Croce Rossa cinese, l’Ong della Nostra Famiglia si è ritagliata un ruolo di riferimento nazionale nella formazione del personale socio-sanitario, lavorando a stretto contatto con la Federazione dei disabili cinesi, a lungo presieduta da un figlio paraplegico di Deng Xiaoping. In questo momento sono tre gli operatori italiani a Pechino, due dei quali in servizio civile universale: il lockdown ha costretto in pochi giorni a trasferire online tutte le visite e i corsi di formazione.
Una “assistenza smart” favorita da una diffusione capillare della tecnologia superiore a quella del nostro Paese, mentre per la cura dell’handicap la distanza dai parametri occidentali è ancora enorme. «Ogni giorno ci sono i contatti con le famiglie, operatori di strutture sanitarie e orfanotrofi: si illustra una tecnica o un esercizio di fisioterapia. E a sera, sempre in video chiamata, si verifica se l’intervento ha raggiunto il suo scopo», afferma Alda Pellegri. Una emergenza, con frutti insperati: «Siamo stati contattati, sempre online, da nuove famiglie, lontanissime.
E così, per la prima volta grazie alle indicazioni di un fisioterapista, un padre ha potuto costruire le stampelle alla figlia», spiega Pellegri. Un commovente passo nella “lunga marcia” verso la riabilitazione. Anche se il prossimo obiettivo, questo ancora lontanissimo in Cina, «è l’integrazione dei disabili nella scuola», conclude la presidente di Ovci. A casa Ek’Abana, a Bukavu, anche ieri era all’opera suor Natalina. Nell’Est della Repubblica democratica del Congo, grazie a un progetto del Mlfm (socio Focsiv) si distribuiscono riso e fagioli alle prime 100 mamme che ogni giorno si presentano alla mensa. Il cibo scarseggia a Bukavu come a Muhura, in Ruanda, dove suor Odile anche ieri ha distribuito riso e fagioli a una ottantina di madri giunte alla scuola Madre della Divina Provvidenza. Con scuole e mercati chiusi «migliaia di bambini in Congo e Ruanda non hanno più niente da mangiare », afferma il presidente di Mlfm, Antonio Colombi.
Si rischia «una catastrofe senza precedenti » ma grazie a una campagna, lanciata pochi giorni fa dall’Ong di Lodi, riso, fagioli, farina di mais sono già stati consegnati a circa 400 famiglie. Emergenza alimentare pure in Bolivia, dove opera Progettomondo. mlal, che lavora a sostegno dei contadini e dei venditori ambulanti. «L’80% della popolazione vive di economia informale. Molti preferiscono il rischio del coronavirus alla certezza di morire di fame», afferma il presidente Mario Mancini. È un lavoro, osserva il presidente Focsiv Gianfranco Cattai, fatto di «dinamicità, flessibilità e innovazione» che impegna oltre misura le Ong: «Speriamo di poter contare presto sull’attenzione degli enti statale, che ora non c’è, e sulla fiducia dei donatori che ci hanno accompagnati in questi anni».